Chest of Spooks 5: It (film)

L’adattamento televisivo che il romanzo It ha avuto negli Novanta non ha davvero reso giustizia al testo, con una messa in scena imbarazzante, una scrittura puerile e alcune scelte narrative che avevano svilito il materiale di partenza. Perfino l’unico elemento universalmente apprezzato, ossia l’interpretazione di Tim Curry nei panni di Pennywise, ha il difetto di aver completamente frainteso il personaggio del clown, reso come un gigione che passa il suo tempo a prendere in giro i bambini di Derry invece di terrorizzarli a morte e sbranarli.

Per questo motivo la notizia che un nuovo adattamento, questa volta cinematografico, del romanzo era in lavorazione ha riattizzato le aspettative di tutti i fan del capolavoro di Stephen King, grazie anche agli ottimi trailer rilasciati nei mesi scorsi. L’attesa è stata ripagata? Sì e no, direi. It, diretto da Andy Muschietti, è un ottimo film, con delle grandiose interpretazioni e dei momenti autenticamente spaventosi, ma fallisce come adattamento di un romanzo che si rivela ancora una volta intraducibile su un medium diverso da quello in cui ha visto la luce.

La trama del film segue in maniera piuttosto fedele la parte del romanzo incentrata sui protagonisti bambini, concedendosi alcune libertà creative per aggiornare la storia, snellire alcuni passaggi che nel libro richiedono diverse centinaia di pagine e riempire immediatamente lacune che, nel romanzo, sarebbero state colmate dagli inserti tra una parte e l’altra. Il film si apre con una specie di prologo che riporta il primo capitolo del libro quasi parola per parola: il piccolo Georgie gioca in strada con una barchetta di carta di giornale e incappa in Pennywise nascosto in un tombino, che lo uccide strappandogli un braccio. Subito si assiste alla prima sostanziale differenza, ossia il rapimento del bambino da parte del clown, un avvenimento che nel romanzo non avviene ma che qui serve egregiamente come motore delle azioni di Bill, spinto da sentimenti più nobili del desiderio di vendetta che lo lacera nel romanzo.

La scena è anche il primo momento in cui possiamo apprezzare l’interpretazione di Bill Skarsgard nei panni di It, un ruolo che l’attore fa suo e padroneggia alla perfezione. Il clown di questo film non ha nulla di divertente, è un mostro spietato e sanguinario che rende spaventosa ogni scena semplicemente con la sua presenza. Skarsgard dimostra di avere una presenza scenica superba e di essere in grado di azzeccare ogni singola apparizione del suo personaggio, calibrando nella giusta misura il livello di paura che il suo clown deve incutere. Alcune scene, come il prologo cui si accennava sopra, cambiano sensibilmente atmosfera semplicemente seguendo i mutamenti di espressione di Pennywise, che solo con il volto riesce ad essere allo stesso tempo rassicurante e perverso proprio come il personaggio letterario da cui prende ispirazione.

Le apparizioni del clown dimostrano una fantasiosità destabilizzante, elettrizzante ogni volta per l’imprevedibilità del suo comportamento e genuinamente spaventoso. Il Pennywise di It 2017 sbuca dai posti più impensabili, si spezza, piega, disarticola e trasforma in continuazione, destabilizzando completamente i bambini protagonisti e lo spettatore, annichilito da un essere sinistro e inquietante che, nonostante l’aspetto umano, dimostra chiaramente di non esserlo.

Ma nonostante le frequentissime apparizioni del clown, anche nel film, come nel romanzo, i veri protagonisti sono i bambini, i sette membri del Club dei Perdenti. Bill, Ben, Beverly, Mike, Richie, Eddie e Stan sono interpreti da un cast giovanissimo e pieno di talento, che compie un ottimo lavoro da noi purtroppo penalizzato da un doppiaggio osceno. Quasi tutti i protagonisti hanno la backstory diversa da quella del romanzo, che si tratti di modifiche minime, come nel caso di Eddie, o sostanziali, come per Ben e Mike; nonostante questo, però, ognuno riporta chiaramente sullo schermo il proprio personaggio letterario riconoscendone perfettamente l’essenza, complice una sceneggiatura che, sebbene non eccezionale, riesce a cogliere ognuno dei personaggi e ricrearli tali e quali. Nonostante il minore spazio disponibile, a ognuno di loro è concessa una scena in cui brillare, redimendo il difetto di mettere sullo sfondo alcuni personaggi privati del ruolo che ricoprivano nel libro, come Mike, che nel film non offre un gran contributo alla vicenda se non provocando la morte (ma sarà poi morto?) di Henry Bowers nel momento in cui scendono nelle fogne.

La trama segue piuttosto pedissequamente la storia del romanzo fino circa a tre quarti del film. Fino a questo punto, nonostante le discrete libertà narrative, le due vicende coincidono fin nei minimi dettagli, permettendosi anche di inserire alcuni camei che, si presume, verranno maggiormente esplorati nella seconda parte, come la Tartaruga. Inspiegabilmente, poi, l’ultimo atto è completamente riscritto quasi da zero, riprendendo solo il canovaccio della battaglia finale nelle fogne ma di fatti reinventandola ex-novo. Si tratta del momento meno riuscito del film, in cui non tutto torna e diverse questioni non ottengono le spiegazioni di cui avrebbero necessitato. La scelta di evitare ancora una volta il Rito di Chud riesce comunque a non svilire il confronto dei bambini con It, che risulta diverso nei modi e nelle intenzioni ma comunque efficace e coerente con la storia narrata.

Ma quindi, se tutto sommato si tratta di un buon film, perché all’inizio ho scritto “sì e no”? Il problema è che, nonostante l’ottima realizzazione, in It 2017 si trova molto poco del romanzo originale, al di fuori della pura trama. Il film si limita a ripercorrere gli eventi del romanzo, comprendendo di averne compreso il significato e l’importanza, ma si limita a questo, senza nemmeno sfiorare la profondità delle pagine che compongono il libro. I riferimenti cosmologici, l’approfondimento dei personaggi, la sensibile e intelligente analisi dell’infanzia finiscono impietosamente sacrificati: It è un film che conserva il corpo del libro ma ne sacrifica il cuore sull’altare di un intrattenimento che rifiuta di scavare ancora più in profondità nella storia che si ripromette di raccontare.

Oltre a questo, anche l’atmosfera del libro finisce per risultare diluita e molto meno efficace nella sua versione cinematografica. L’aria che si respira in ogni pagina del romanzo e che accompagna il lettore anche molto tempo dopo il termine della lettura non coinvolge la pellicola, il cui effetto finisce insieme al film. Allo stesso modo i potenti sentimenti che permeano la scrittura del romanzo perdono ogni mordente e scivolano innocui sulla coscienza degli spettatori. L’eccellente personaggio collettivo che è la città di Derry, infine, trova spazio solo in un paio di brevissime inquadrature, come una richiesta di perdono da parte del regista che dimostra di sapere cosa sia necessario trattare ma ammette di non avere il tempo e i mezzi per farlo.

Per questo It è un film riuscito solo a metà, sul quale però non mi sento di esprimere un parere soltanto negativo. La verità è che si tratta di un’opera che svolge il suo compito, intrattiene e diverte, e il fatto che sia arricchito da un reparto tecnico eccezionale è sicuramente un pregio ulteriore. È diverso dal romanzo, certo, ma diverso non significa necessariamente sbagliato, e il film dimostra nonostante tutto di aver compreso il messaggio del libro: la magia esiste, la paura può essere sconfitta e i mostri possono essere uccisi.

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