Chest of Spooks 1: 10 Silent Horror Films

L’horror ha accompagnato in mille forme diverse la storia dell’uomo fin dalle origini, da quando le persone si riunivano intorno a un focolare per ascoltare i mitici racconti di eroi e mostri. Con la nascita del cinema, e della possibilità di materializzare in immagini in movimento le più terrificanti paure dell’uomo, l’horror ha vissuto una nuova giovinezza dopo la fortunata stagione della letteratura gotica, che stava contemporaneamente dando vita ai suoi ultimi capolavori. Il passaggio dell’horror dalla letteratura al cinema avvenne molto velocemente, all’interno del macrogenere detto “cinema fantastico” che per molti anni includerà anche le storie del terrore, grazie soprattutto a pionieri della tecnica cinematografica che scelsero soggetti tipici delle storie dell’orrore per sperimentare le infinite potenzialità offerte dal cinematografo e dalla magia delle immagini in movimento.

Se datare con certezza l’origine di un cinema dell’orrore propriamente detto è materia di dibattito che da sempre divide i critici, è comunque innegabile che l’horror abbia giocato un ruolo fondamentale nella primissima infanzia del cinema, contribuendo in modo decisivo all’avanzamento della tecnica cinematografica per via della necessità di creare effetti speciali e soluzioni visive che riuscissero a raccontare efficacemente la storia del film. In realtà, molto spesso, osservando questi film si può scoprire come le opere delle origini, sebbene talvolta acerbe, abbiano molto poco da invidiare ai capolavori di oggi per articolazione narrativa e qualità degli effetti speciali, frutto molto spesso di geniali invenzioni tecnologiche capaci di creare l’impossibile.

Di seguito sono elencati dieci film horror direttamente dalle origini della storia del cinema, quell’epoca del muto suggestiva e affascinante che costituisce un tesoro inestimabile di bellissimi film molto spesso in gran parte dimenticati. Sebbene ci siano alcuni famosissimi classici e altri molto meno conosciuti, questa rassegna, come al solito, non ha alcuna pretesa di esaurire l’argomento; vedilo come una serie di suggerimenti e un punto di partenza per un’indagine ancora più approfondita. Per me, sicuramente sarà così.

1) Le Manoir du Diable (1896). Quello che è considerato il primo film horror della storia non poteva che essere firmato da George Méliès, il padre degli effetti speciali. Inquadratura fissa, frontale alla scena come su un ideale palcoscenico e apparentemente senza stacchi di montaggio, Le Manoir du Diable sfrutta la tecnica delle interruzioni di ripresa per mettere in scena apparizioni spettrali, oggetti che cambiano di posto e diaboliche trasfigurazioni. Protagonista è il diavolo, che con il suo calderone, e assistito da un piccolo aiutante deforme, evoca una congrega di streghe; due cavalieri giungono intanto al castello, e il diavolo ingaggia con loro una lotta all’ultimo incantesimo per essere infine sconfitto da un crocefisso brandito come una spada. In questo breve film c’è quasi tutta l’essenza del gotico letterario, che prende vita grazie a un uso eccezionale degli effetti speciali. Le apparizioni e le trasformazioni sono gestite in modo da risultare quasi invisibili, complice anche la camera fissa e il set essenziale, e il risultato è assolutamente suggestivo nonostante l’apparente ingenuità della messa in scena. Un ottimo debutto dell’horror nel mondo del cinema.

2) Frankenstein (1910). Scritto e diretto da J. Searle Dawlry, e prodotto dalla compagnia di Thomas Edison, è il primo adattamento cinematografico del romanzo di Mary Shelley. Il film è stato ritenuto per lungo tempo perduto, e ancora oggi la pellicola si trova in uno stato di discreto deterioramento nonostante il restauro, al punto che talvolta risulta difficile distinguere i dettagli delle immagini; nonostante questo, però, resta un lavoro di grande suggestione ed effetto. La storia di Frankenstein viene qui molto semplificata e riassunta, con l’aggiunta di un lieto fine che dà una svolta assolutamente inedita alla vicenda. Spicca, all’interno di un film così breve, la lunga scena della creazione del mostro, un’azione inquietante e sinistra in cui la scienza si fonde con l’alchimia: la creatura viene alla luce all’interno di un calderone dapprima sotto forma di scheletro animato che, piano piano, si ricompone di tutte le membra. Ancora una volta a fare da padrone sono gli effetti speciali, che ricostruiscono la nascita del mostro semplicemente proiettando al contrario la ripresa di un pupazzo che brucia, con un risultato ancora oggi assolutamente affascinante e suggestivo; eccellente anche la scomparsa del mostro nel finale del film, che scompare dopo essersi visto allo specchio. La regia inizia a mostrare qualche segno di virtuosismo oltre all’uso della camera fissa e frontale grazie al trucco di riprendere quello che avviene nella scena attraverso il riflesso degli specchi, con una decisa evoluzione dello storytelling.

3) Il Gabinetto del Dottor Caligari (1920). La Germania del primo dopoguerra è stata uno dei Paesi creativamente più all’avanguardia nel panorama cinematografico, con il debutto di registi destinati a scrivere la storia del mezzo e di correnti come l’espressionismo; proprio di questa corrente è considerato il massimo esponente Il Gabinetto del Dottor Caligari, diretto da Robert Wiene. Un imbonitore che promette meraviglie, un sonnambulo che sembra non risvegliarsi mai e misteriosi omicidi all’interno di una cornice onirica e inquietante sono gli ingredienti di uno dei film più visionari e allucinanti della breve stagione espressionista, delineando un delirio stilistico e narrativo senza precedenti. Le forme storte non geometriche delle scenografie, illuminate da una luce violenta e fortemente contrastata, danno vita a un mondo distorto popolato da persone che diventano poco più che ombre, pesantemente truccate e dai tratti grotteschi, quasi animaleschi. Il colpo di scena finale, poi, nega qualsiasi rassicurante ritorno alla normalità dopo l’incursione nel mondo da incubo del film, segnando uno dei primi colpi di scena della storia del cinema capace di rimettere in discussione l’intero film.

4) Dr. Jeckyll & Mr.Hyde (1920). Un raffinatissimo adattamento del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, che riesce ad essere molto fedele alla storia originale pur rielaborandone il materiale e ispirandosi a precedenti adattamenti teatrali dell’opera. Il racconto rovescia l’intreccio originale per osservare la storia dal punto del protagonista Henry Jeckyll, rendendo la vicenda molto più lineare rispetto al romanzo ma non per questo meno interessante. John Barrymore impreziosisce il film con la sua interpretazione sia del protagonista che della sua perversa controparte Mr. Hyde, distinguendo perfettamente i due personaggi con la sua eccezionale recitazione prima ancora che con il trucco, peraltro ottimo; Barrymore riesce a contorcere il volto e il corpo in modo da conferire a Hyde un aspetto e un portamento completamente diverso da quello di Jeckyll, tanto che risulterebbero perfettamente distinguibili anche senza l’uso del trucco prostetico, usato per rifinire la trasformazione del protagonista. La cura per la messa in scena si estende, in questo film, anche alle didascalie, finemente illustrate.

5) La Stregoneria Attraverso i Secoli (1922). Ispirato dagli studi del regista Benjamin Christensen sul Malleus Maleficarum, La Stregoneria Attraverso i Secoli è uno dei primi esempi di documentario che si propone di divulgare un contenuto il più possibile scientifico invece di intrattenere semplicemente. Il film è un lungo, drammatico ed esaustivo trattato sulla stregoneria e sulle superstizioni, scritto con intelligenza e rigore per costruire un’argomentazione che fa uso di sequenze argomentative e narrative, attraverso scene drammatizzate che raccontano la vita di una strega e un processo per stregoneria. La finezza della scrittura, precisa e completa, è affiancata da una componente visiva eccezionale, ricca di immagini di repertorio e di eccellenti sequenze narrative, che esemplificano sotto forma di racconto la tesi del narratore. Spiccano in questi segmenti gli effetti speciali stupefacenti, frutto di sovrimpressioni e trucchi di montaggio, e i bellissimi costumi usati sia per le persone che per i demoni e i mostri. L’ultimo capitolo, in cui l’azione si sposta al presente, fa rabbrividire per la lucidità della denuncia contro l’internamento dei malati mentali, pratica assimilata alla caccia alle streghe raccontata nel corso del film; sicuramente è un film che offre diversi spunti su cui riflettere, straordinariamente moderno e ancora molto attuale.

6) Nosferatu Il Vampiro (1922). Probabilmente il film più celebre di questa rassegna, Nosferatu è il primo adattamento cinematografico di Dracula, sebbene tutti i nomi siano stati cambiati a causa dei diritti d’autore che il regista non deteneva. Considerato il capolavoro di Friedrich Murnau, nonché una delle più grandi manifestazioni dell’horror e dell’avanguardia espressionista, Nosferatu è un grandioso film gotico che gioca con le suggestioni e le atmosfere, costruendo una crescente sensazione di pericolo e angoscia che, come la pestilenza portata dal vampiro, soffoca e paralizza lo spettatore. Il Conte Orlok è il primo vampiro a calcare il grande schermo, e per questo finisce per imporre un immaginario che perdura ancora oggi sotto forma di stereotipo: il vampiro mostruoso, con lunghe orecchie a punta e i denti acuminati, così diverso dal’immaginario Ottocentesco di gentiluomo terrificante ma raffinato. Max Schreck offre un’interpretazione eccezionale del mostro, reinventando completamente il personaggio di Dracula adattandolo al nuovo contesto in cui la minaccia del vampiro non riguarda più solo il protagonista e la sua ristretta schiera di amici ma arriva ad affliggere l’umanità intera: il Male diventa globale, assoluto, e solo il sacrificio di una persona pura può fermarlo per sempre forzandolo a indulgere nel suo pasto troppo a lungo. Un finale amaro e disilluso, che quasi sembra anticipare quello che di lì a pochi anni sarebbe successo nella Germania di Murnau.

7) The Hand of Orlac (1924). Di nuovo Robert Wiene, che porta ora sullo schermo un poliziesco dalle fosche tinte horror, che gioca sulla paura delle mutilazioni e delle possessioni. Il pianista Orlac, in seguito a un incidente ferroviario, perde l’uso delle mani rendendo necessario un trapianto; gli arti scelti per l’operazione, tuttavia, appartenevano a Visseur, un assassino appena giustiziato, e quando Orlac ne viene a conoscenza inizia a temere che lo spirito del criminale possa prendere possesso del suo corpo e continuare a commettere crimini attraverso le sue mani. Il soggetto del film anticipa per la prima volta l’idea di uno spirito malvagio in grado di condizionare la vita delle persone attraverso la carne superstite del suo corpo, prefigurando il grande filone dell’horror fantascientifico che avrebbe preso piede solo negli anni Cinquanta; allo stesso tempo guarda, timoroso, alle innovative procedure chirurgiche che stavano lentamente evolvendosi, dando voce alla paura, probabilmente diffusa, dei trapianti. Wiene costruisce un film dal ritmo impeccabile e incalzante in cui si esibisce in un ultimo virtuosismo espressionista, qui già edulcorato da un’estetica più naturalistica e già lontana dai deliri de Il Gabinetto del Dottor Caligari.

8) Il Fantasma dell’Opera (1925). Altro grande capolavoro giustamente diventato celebre, Il Fantasma dell’Opera è una morbosa ghost story ambientata a Parigi, dove Erik, un musicista sfigurato che vive nei sotterranei dell’Opera, si strugge d’amore per la giovane Christine, che intende portare al successo. Orrore e romanticismo si fondono per dare la luce a uno dei villain più tragici della storia del cinema, una bestia che non riesce a vincere il cuore della sua bella nonostante la forza dell’amore che prova nei suoi confronti e rimanendone fatalmente ucciso. Parigi diventa una città oscura e dai tratti gotici, mentre la meravigliosa opulenza dell’Opera, che contrasta così tanto con le sue catacombe in cui il Fantasma vive, diventa l’ambientazione perfetta per l’inquietante storia raccontata, fatta di luci e ombre, glamour e morbosità. Non ci può accennare a Il Fantasma dell’Opera senza parlare della sua star Lon Chaney, l’istrionico Uomo dalle mille facce che qui ha personalmente inventato il doloroso trucco che gli distorceva i lineamenti per creare il volto scheletrico e deforme del mostro, la rappresentazione più fedele all’originale letterario che il personaggio abbia finora avuto.

9) Il Castello degli Spettri (1927). Diretto da Paul Leni, un altro dei maggiori esponenti dell’espressionismo, Il Castello degli Spettri è un delizioso mistery che unisce thriller, commedia e, questa volta, solo appena un pizzico di horror. Tratto da una commedia di Broadway, il film parla di una famiglia che si riunisce nella sinistra villa di uno zio deceduto vent’anni prima per leggere finalmente il suo testamento; a questa si aggiungono diverse sottotrame, che includono gioielli nascosti, passaggi segreti, follie latenti e un pazzo fuggito dal manicomio che potrebbe trovarsi nei paraggi. Il Castello degli Spettri è un film divertente e con un ritmo perfetto che sa gestire ottimamente sia i tempi drammatici che quelli comici, con un paio di personaggi di supporto protagonisti di gag esilaranti. Le didascalie dimostrano un’arguzia particolare nella costruzione dei dialoghi e dei personaggi, esibendosi talvolta in efficaci effetti visivi come scritte in sovrimpressione o in movimento, così da sorprendere sempre lo spettatore anche durante la lettura delle battute. Ottimi anche gli effetti visivi, specialmente nelle sequenze oniriche.

10) The Fall of the House of Usher (1928). Da uno dei più celebri racconti di Poe, un film di pura avanguardia cinematografica. Il regista James Sibley Watson fa sue le lezioni di film come Il Gabinetto del Dottor Caligari e Metropolis per mettere in scena una realtà da incubo che sfida qualsiasi legge della ragione fatto di immagini dalle geometrie impossibili e i violenti contrasti luce/ombra che sbocciano l’una dall’altra e si moltiplicano all’infinito, distruggendo la realtà in un mondo di prospettive spezzate che trasportano lo spettatore nella folle realtà degli Usher, una coppia di fratelli che vivono in un oscuro maniero sul quale incombe una maledizione. Privo di dialogo e didascalie, questo film chiede solo di essere visto, dal momento che si propone come un’autentica esperienza visiva. Il trucco degli attori e le scenografie si rifanno esplicitamente all’estetica espressionista, con personaggi spettrali e costruzioni dalle geometrie impossibili, quasi contorte su loro stesse come e riprese da decine di prospettive diverse allo stesso tempo. Anche le immagini appaiono sempre distorte, deformi, grazie all’uso di strumenti ottici come i prismi durante la fase di ripresa che ricrea la sensazione di discesa in un mondo di follia. Un film sinistro e spettrale, ma al tempo stesso decisamente spettacolare e affascinante.

8 pensieri riguardo “Chest of Spooks 1: 10 Silent Horror Films

  1. gran bell’articolo!
    senza voler intaccare la tua decina, che è perfetta, volevo solo segnalare, visto che hai parlato di Le manoir du diable di Méliès, anche un film di Segundo De Chomon (che era il Méliès di Spagna): La maison ensorcelée… non so se lo conosci, ma anche quello notevole!!
    ciao

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