Hacksaw Ridge

Colpito dall’attacco a Pearl Harbor, il giovane Desmond Doss decide di arruolarsi nell’esercito americano ma come obiettore di coscienza: rifiuta di toccare un fucile e arriva sul campo di battaglia disarmato, riuscendo però a salvare numerose vite umane.

Desmond si inserisce perfettamente nel canone degli eroi di Mel Gibson, personaggi coinvolti in battaglie enormemente più grandi di loro e apparentemente volti alla sconfitta a causa dei propri ideali, ma che proprio grazie a tali ideali ottengono il riconoscimenti imperituro sancito dalla Storia. Come William Wallace, Desmond si scontra contro un mondo che non comprende le sue posizioni o le considera dannose e intraprende una lotta prima di tutto ideologica contro il sistema politico e di valori del suo tempo, ma come Gesù fa della non violenza la propria arma, caricandosi del peso della malevolenza delle persone sopportandone la cattiveria e il pregiudizio a rischio della vita.

Hacksaw Ridge è un film che si fonda su profondi contrasti: è un film di guerra ma con un messaggio pacifista, reitera la tipica retorica dell’eroe tanto cara agli americani ma mette in scena la storia di un personaggio che si staglia contro tutto quello che, nel momento storico in cui è vissuto, costituiva un eroe. Negli anni in cui uccidere era richiesto e considerato giusto, Desmond decide di non cedere, di restare fedele a sé stesso e di salvare delle vite laddove altri si preparano a distruggerne.

Questo ovviamente non rende il film melenso, o romantico nel senso di presentare una realtà astratta in cui tutto è dolce e buono. Al contrario, la violenza è presente lungo tutta la pellicola, anche durante la prima parte ambientata in America, ed esplode in tutta la sua ferocia sul campo di battaglia. Insostenibile e volutamente grafica nella sua rappresentazione, la guerra si presenta in tutta la sua brutalità, macellando senza pietà i soldati di entrambi gli schieramenti. Corpi dilaniati, sventrati, sangue, membra amputate e interiora divelte si susseguono a ritmo serrato per tutta la seconda parte del film, raggiungendo un limite di gore che avvicina le sequenze di guerra al filone horror del torture porn e alla sua deriva più estrema, snuff movie. Anche in questo caso, quindi, si giunge ad un contrasto: allo spettatore non viene risparmiato nulla della brutalità della guerra, ma il film sfiora il limite per cui la sacrosanta rievocazione della violenza della guerra sfocia nell’autocompiacimento del mostrare la morte e la brutalità di un omicidio senza fine.

D’altra parte, è talmente alto livello di violenza, e talmente prolungato, che paradossalmente finisce quasi per anestetizzare il pubblico, che diventa, alla fine, quasi insensibile alla vista del sangue; se quindi lo shock è tale da generare assuefazione, si può ancora parlare di denuncia, dal momento che il film ha reso la violenza tollerabile? E quanto ha influito sulla scelta di rappresentare la battaglia in tutti i suoi aspetti più truculenti la naturale abitudine dello spettatore contemporaneo, abituato ormai a sentir parlare di massacri e violenze ad ogni telegiornali senza che queste notizie generino più alcuna indignazione?

Al di là degli interrogativi che un’opera simile, inevitabilmente, genera, Hacksaw Ridge è un film decisamente valido, molto ben scritto e diretto con mano salda e capace, ovviamente. La sceneggiatura, molto solida e con dei dialoghi inaspettatamente vivaci, compie un ottimo lavoro nel delineare dei personaggi che, pur prendendo le mosse da stereotipi giù visti più volte nel cinema di genere, riescono a trovare una loro dimensione personale e umana straordinaria dando vita a persone reali e tangibili. Il padre di Desmond, ad esempio, è un personaggio meraviglioso, non perché sia una brava persona ma per la profondità del sentimento che viene infuso in ogni sua battuta e in ogni sua espressione, complice anche un eccezionale Hugo Weaving: ci troviamo di fronte ad un relitto umano, un uomo la cui vita è stata spezzata durante la prima guerra mondiale e che non è mai più riuscito a liberarsi dal senso di colpa di essere sopravvissuto ai suoi amici e dal ricordo delle violenze vissute durante il conflitto. Come lui, anche tutto il cast di supporto brilla, anche solo per un istante, di luce propria, con un mix riuscito di stereotipo e di scrittura personale che rielabora restando nei binari ben consolidati della tradizione narrativa del cinema americano.

Ma non abbiamo ancora parlato della punta di diamante del film. Desmond è, ovviamente, un personaggio, e una persona, fantastici, dotato di una forza d’animo e di una resistenza interiore come raramente se ne sono mai viste. E’ un uomo che si muove tra i grigi del suo mondo, scegliendo la propria strada per rimanere fedele ai suoi ideali e che fa di tutto per non tradirli, anche a costo di subire umiliazioni, prevaricazioni e ingiustizie. Il suo percorso lungo la trama non è esattamente innovativo, anzi risulta piuttosto prevedibile, e rientra nel discorso sulla retorica dell’eroe di cui si parlava sopra; tuttavia credo che in questo caso il punto principale non sia tanto la storia in sé quanto la natura del personaggio, il suo desiderio di salvare le persone e di mettere la vita al primo posto nella sua personale scala di valori, senza che questo lo renda mai un buonista ingenuo e cieco alla realtà in cui si trova. Al contrario, proprio la consapevolezza della brutalità del suo mondo lo spinge a tentare una reazione uguale e contraria a favore della vita.

Andrew Garfield è sensazionale e contagioso nel suo entusiasmo e nell’amore che trasmette verso chiunque. Ci sono scene in cui riesce, con pochissime battute, a trasmettere tutto il travaglio che Desmond sente dentro di sé, come quando, sul campo di battaglia, prega Dio di fargli salvare un’altra persona ancora, e poi un’altra, e soltanto un’altra ancora, mentre con il volto e il corpo congestionato scivola tra le trincee disperato a cercare i commilitoni feriti. La scena in cui finalmente viene portato in salvo dal campo di battaglia e cede ai nervi è un momento di un’intensità spaventosa, in cui diventa quasi tangibile la tensione di un corpo che si trova ad un passo dallo spezzarsi e perdere la ragione.

Hacksaw Ridge è un film che è riuscito nell’impresa di farsi piacere anche a me, che non amo i film di guerra. Non è perfetto, ovviamente, la parte romantica, ad esempio, è molto debole, ma racconta, come quasi tutti i film candidati agli Oscar 2017, una storia vera poco conosciuta e che merita invece di essere sulla bocca di tutti; se poi l’operazione gode di un trattamento eccezionale come in questo caso, il risultato non può che essere strepitoso.

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4 pensieri riguardo “Hacksaw Ridge

      1. A me non sta antipatico quanto te, ma concordo sul fatto che non è adeguato per interpretare un ruolo da protagonista: non ha abbastanza carisma. E infatti quando gli hanno affidato una parte da comprimario (ad esempio ne Il grande Gatsby) è andato mille volte meglio. Grazie per la risposta! 🙂

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