MerMay #8: Il Pescatore e la sua Anima, di Oscar Wilde

Quando ero piccolo in casa mia girava un vecchio libro appartenuto ai miei genitori quando erano a loro volta bambini con alcune fiabe di Oscar Wilde; io ovviamente non avevo la minima idea di chi fosse Oscar Wilde né che fosse uno dei più grandi autori della letteratura inglese, però mi perdevo tantissimo a leggere e rileggere quelle storie che avevano un sapore così diverso da tutte le altre che conoscevo. In particolare si trattava di storie decisamente tragiche, in cui la morte e il pessimismo sembravano permeare ogni pagina del libro: L’Amico Fedele, Il Compleanno dell’Infanta, L’Usignolo e la Rosa e Il Principe Felice, che dava il titolo alla raccolta, non sono storie che ti lasciano con sentimenti di fiducia e allegria e non si leggono per il puro piacere di qualcosa che ti lasci contento e soddisfatto dopo averle finite, ma nonostante questo hanno tutte dei significati molto profondi nascosti dentro che vale sempre la pena indagare. Tra queste storie c’era anche Il Pescatore e la sua Anima, che probabilmente era la mia preferita della selezione perché c’era la sirena; e proprio per la presenza della sirena, e per il modo in cui si inverte il canone delle storie che la riguardano, ho deciso di parlarne qui, dopo averla riletta a distanza di diversi anni e aver scoperto alcune cose sorprendenti. 

Un giovane Pescatore ogni mattina getta le sue reti nel mare, e un giorno cattura una sirena: disperata, la sirena lo implora di lasciarla andare promettendo di cantare ogni giorno per lui e attirare i pesci verso la sua rete, e il Pescatore la libera. La sirena mantiene la sua promessa, ma dopo qualche tempo il Pescatore capisce di essersi innamorato di lei e la implora di sposarlo. C’è un problema, però: il Pescatore, essendo umano, possiede un’anima, e per questo non può seguirla sotto il mare. Dopo essersi rivolto a un sacerdote e a un mercante per sapere come liberarsi della sua anima, il Pescatore trova la soluzione interrogando una strega: una notte, il Pescatore taglia da sé la sua anima e la caccia, immergendosi finalmente nel mare. Ma l’anima non accetta così serenamente di essere allontanata da lui, e tornerà tre volte dal Pescatore promettendogli gioie e ricchezze in cambio di essere riaccolta dentro di lui…

Con Il Pescatore e la sua Anima Oscar Wilde ribalta il mito delle sirene per come viene tradizionalmente impostato, e al posto di raccontare la storia di una sirena innamorata mette in scena l’amore struggente di un ragazzo, un essere umano, per una creatura degli abissi e la sua disperata ricerca di un modo per raggiungerla nel suo mondo. Al contrario di quanto accaduto con La Sirenetta di Andersen, questa volta l’anima non è un obiettivo da raggiungere, un sogno di salvezza a cui anelare, ma al contrario un peso di cui disfarsi, una zavorra che impedisce al protagonista di coronare il suo sogno d’amore; ecco che allora il punto della storia diventa trovare un modo per liberarsi della propria anima, ma soprattutto il legame che continua a esistere tra l’anima e il corpo e il difficile rapporto che si costruisce da i due nel momento in cui una sintesi per ritornare allo status originale si rivela impossibile.

Come ne Il Ritratto di Dorian Gray, anche in questo caso si assiste a una scissione tra l’anima e il corpo, e allo studio di un personaggio messo di fronte al proprio doppio. Se nel romanzo Dorian sprofonda liberamente nella depravazione nascondendo in soffitta la sua anima martoriata, ne Il Pescatore e la sua Anima è l’anima che, allontanata dal corpo priva di un cuore, si macchia di nefandezze e crimini orribili, si indurisce sempre di più e, una volta ricongiunta al corpo, spinge il Pescatore a commettere le stesse efferatezze senza che questi possa controllarsi davvero. Privata della possibilità di amare e di entrare in empatia con le altre persone, l’anima dimostra un carattere sadico, a dimostrazione di come avere un anima ed essere capaci di amare siano due cose diverse e distinte: tutti gli uomini hanno un’anima, sembra dirci Oscar Wilde, ma non per questo tutti sono in grado di provare amore per le altre persone.

La soluzione, dunque, è riuscire a congiungere queste due cose, l’anima e l’amore, ma se originariamente esse sono una cosa sola una volta separate pare impossibile tornare alla condizione iniziale: l’amore del Pescatore che potrebbe guarire la sua anima è la stessa forza che le impedisce di entrare nel cuore del ragazzo, ormai votato solo alla sirena. L’amore diventa quindi una forza superiore a qualsiasi altra, l’unica tentazione che davvero può essere in grado di muovere una persona e convincerla a compiere un passo così terribile come sacrificare la propria umanità; l’anima stessa, per convincere il Pescatore a farla tornare da lui, dopo averlo tentato con i doni della conoscenza e della ricchezza, lo afferra con la promessa di un amore diverso da quello che la sirena può offrirgli, l’amore di una ragazza, solleticando finalmente la curiosità e la passione del ragazzo – ma senza vincerne, fatalmente, il cuore, che apparterrà per sempre alla sirena. 

Un amore, quello per la sirena, che come di tradizione è impossibile e destinato a finire tragicamente: nel finale della fiaba dopo aver trovato il cadavere della sirena il Pescatore si lascia annegare piuttosto che continuare a vivere senza la sua amata, sordo alle preghiere della sua anima che, solo in questo momento, quando il cuore del ragazzo si è spezzato, può finalmente ricongiungersi a lui. Un finale disperato e doppiamente drammatico considerando l’epilogo in cui, rinvenuti sulla spiaggia, i corpi dei due amanti sono maledetti e sepolti in una tomba senza nome, con l’unica consolazione di produrre, una sola volta, i fiori più belli che si siano mai visti e in grado di ammorbidire anche il cuore del sacerdote, reso inflessibile e severo dal rigore della propria ortodossia. Nella morte dei due amanti, accomunati dallo stesso destino contrariamente a quanto accaduto nel racconto di Andersen, si ritrova anche in questo caso una riflessione da parte dell’autore sulla propria condizione: in quanto omosessuale, Wilde non può sognare di vivere serenamente il proprio amore, e la disperazione dello scrittore riverbera nel tragico destino dei suoi personaggi, nell’impossibilità del loro amore, nelle condizioni disumane da accettare per averne un assaggio e nella drammaticità della sua conclusione. 

Ne Il Pescatore e l’Anima, alla fine, Wilde racconta l’amore di un uomo e di una sirena per riflettere sulla natura profonda dell’uomo, interrogandosi su cosa significhi davvero essere umani: se sia una caratteristica intrinseca come l’anima a renderci tali o se siano le nostre azioni e il modo in cui usiamo i nostri sentimenti a renderci tali. L’uomo, ci racconta Wilde, alla fine può ritrovare la propria umanità anche dopo avervi rinunciato in maniera avventata, ma può farlo solo a prezzo di enormi sofferenze e sacrificando quanto di più caro ha al mondo: la promessa di un amore immortale, un sentimento eterno che tuttavia, proprio come tutte le cose eterne, sono al di fuori della portata dell’uomo e possono essere conquistate solo a costo della propria integrità spirituale. 

MerMay

8 pensieri riguardo “MerMay #8: Il Pescatore e la sua Anima, di Oscar Wilde

    1. Non so se considererei Il Ritratto di Dorian Gray allegro… io non ricordo di aver fatto le pazze risate leggendolo! Però sì, questo racconto è a tutti gli effetti una tragedia e ti lascia molto con l’amaro in bocca.

      Grande! Allora tra poco leggeremo qualcosa a proposito?

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    1. Il Figlio delle Stelle non me lo ricordo, probabilmente non era nella raccolta che avevo io; però sì, i traumi che altre storie come L’Usignolo e la Rosa o Il Principe Felice mi hanno regalato sono stati importanti, mi hanno insegnato fin da piccolo che la vita è sofferenza e poi si muore.
      Scherzi a parte, non sono chiaramente delle letture da sottoporre a dei bambini non accompagnati, ma come valore letterario siamo su altissimi livelli, secondo me.

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  1. Che ricordi! La lessi tantissimi anni fa e, anche se non ricordo molto bene alcune dinamiche, ricordo perfettamente le sensazioni che mi lasciò. Certamente un’opera fuori dai canoni e interessante per come capovolgeva certe tematiche. Devo rileggerlo assolutamente. Ottimo articolo!

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    1. E’ un racconto che ogni tanto andrebbe riletto, come tutto quello che ha scritto Oscar Wilde (ad averne il tempo…). Non è una storia che ti fa stare bene, ma contiene moltissime idee davvero profonde e ti dà uno scorcio sulla sua mente tormentata.

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