Quando ero piccolo in casa mia girava un vecchio libro appartenuto ai miei genitori quando erano a loro volta bambini con alcune fiabe di Oscar Wilde; io ovviamente non avevo la minima idea di chi fosse Oscar Wilde né che fosse uno dei più grandi autori della letteratura inglese, però mi perdevo tantissimo a leggere e rileggere quelle storie che avevano un sapore così diverso da tutte le altre che conoscevo. In particolare si trattava di storie decisamente tragiche, in cui la morte e il pessimismo sembravano permeare ogni pagina del libro: L’Amico Fedele, Il Compleanno dell’Infanta, L’Usignolo e la Rosa e Il Principe Felice, che dava il titolo alla raccolta, non sono storie che ti lasciano con sentimenti di fiducia e allegria e non si leggono per il puro piacere di qualcosa che ti lasci contento e soddisfatto dopo averle finite, ma nonostante questo hanno tutte dei significati molto profondi nascosti dentro che vale sempre la pena indagare. Tra queste storie c’era anche Il Pescatore e la sua Anima, che probabilmente era la mia preferita della selezione perché c’era la sirena; e proprio per la presenza della sirena, e per il modo in cui si inverte il canone delle storie che la riguardano, ho deciso di parlarne qui, dopo averla riletta a distanza di diversi anni e aver scoperto alcune cose sorprendenti.
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Un giovane Pescatore ogni mattina getta le sue reti nel mare, e un giorno cattura una sirena: disperata, la sirena lo implora di lasciarla andare promettendo di cantare ogni giorno per lui e attirare i pesci verso la sua rete, e il Pescatore la libera. La sirena mantiene la sua promessa, ma dopo qualche tempo il Pescatore capisce di essersi innamorato di lei e la implora di sposarlo. C’è un problema, però: il Pescatore, essendo umano, possiede un’anima, e per questo non può seguirla sotto il mare. Dopo essersi rivolto a un sacerdote e a un mercante per sapere come liberarsi della sua anima, il Pescatore trova la soluzione interrogando una strega: una notte, il Pescatore taglia da sé la sua anima e la caccia, immergendosi finalmente nel mare. Ma l’anima non accetta così serenamente di essere allontanata da lui, e tornerà tre volte dal Pescatore promettendogli gioie e ricchezze in cambio di essere riaccolta dentro di lui…
Con Il Pescatore e la sua Anima Oscar Wilde ribalta il mito delle sirene per come viene tradizionalmente impostato, e al posto di raccontare la storia di una sirena innamorata mette in scena l’amore struggente di un ragazzo, un essere umano, per una creatura degli abissi e la sua disperata ricerca di un modo per raggiungerla nel suo mondo. Al contrario di quanto accaduto con La Sirenetta di Andersen, questa volta l’anima non è un obiettivo da raggiungere, un sogno di salvezza a cui anelare, ma al contrario un peso di cui disfarsi, una zavorra che impedisce al protagonista di coronare il suo sogno d’amore; ecco che allora il punto della storia diventa trovare un modo per liberarsi della propria anima, ma soprattutto il legame che continua a esistere tra l’anima e il corpo e il difficile rapporto che si costruisce da i due nel momento in cui una sintesi per ritornare allo status originale si rivela impossibile.
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Come ne Il Ritratto di Dorian Gray, anche in questo caso si assiste a una scissione tra l’anima e il corpo, e allo studio di un personaggio messo di fronte al proprio doppio. Se nel romanzo Dorian sprofonda liberamente nella depravazione nascondendo in soffitta la sua anima martoriata, ne Il Pescatore e la sua Anima è l’anima che, allontanata dal corpo priva di un cuore, si macchia di nefandezze e crimini orribili, si indurisce sempre di più e, una volta ricongiunta al corpo, spinge il Pescatore a commettere le stesse efferatezze senza che questi possa controllarsi davvero. Privata della possibilità di amare e di entrare in empatia con le altre persone, l’anima dimostra un carattere sadico, a dimostrazione di come avere un anima ed essere capaci di amare siano due cose diverse e distinte: tutti gli uomini hanno un’anima, sembra dirci Oscar Wilde, ma non per questo tutti sono in grado di provare amore per le altre persone.
La soluzione, dunque, è riuscire a congiungere queste due cose, l’anima e l’amore, ma se originariamente esse sono una cosa sola una volta separate pare impossibile tornare alla condizione iniziale: l’amore del Pescatore che potrebbe guarire la sua anima è la stessa forza che le impedisce di entrare nel cuore del ragazzo, ormai votato solo alla sirena. L’amore diventa quindi una forza superiore a qualsiasi altra, l’unica tentazione che davvero può essere in grado di muovere una persona e convincerla a compiere un passo così terribile come sacrificare la propria umanità; l’anima stessa, per convincere il Pescatore a farla tornare da lui, dopo averlo tentato con i doni della conoscenza e della ricchezza, lo afferra con la promessa di un amore diverso da quello che la sirena può offrirgli, l’amore di una ragazza, solleticando finalmente la curiosità e la passione del ragazzo – ma senza vincerne, fatalmente, il cuore, che apparterrà per sempre alla sirena.
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Un amore, quello per la sirena, che come di tradizione è impossibile e destinato a finire tragicamente: nel finale della fiaba dopo aver trovato il cadavere della sirena il Pescatore si lascia annegare piuttosto che continuare a vivere senza la sua amata, sordo alle preghiere della sua anima che, solo in questo momento, quando il cuore del ragazzo si è spezzato, può finalmente ricongiungersi a lui. Un finale disperato e doppiamente drammatico considerando l’epilogo in cui, rinvenuti sulla spiaggia, i corpi dei due amanti sono maledetti e sepolti in una tomba senza nome, con l’unica consolazione di produrre, una sola volta, i fiori più belli che si siano mai visti e in grado di ammorbidire anche il cuore del sacerdote, reso inflessibile e severo dal rigore della propria ortodossia. Nella morte dei due amanti, accomunati dallo stesso destino contrariamente a quanto accaduto nel racconto di Andersen, si ritrova anche in questo caso una riflessione da parte dell’autore sulla propria condizione: in quanto omosessuale, Wilde non può sognare di vivere serenamente il proprio amore, e la disperazione dello scrittore riverbera nel tragico destino dei suoi personaggi, nell’impossibilità del loro amore, nelle condizioni disumane da accettare per averne un assaggio e nella drammaticità della sua conclusione.
Ne Il Pescatore e l’Anima, alla fine, Wilde racconta l’amore di un uomo e di una sirena per riflettere sulla natura profonda dell’uomo, interrogandosi su cosa significhi davvero essere umani: se sia una caratteristica intrinseca come l’anima a renderci tali o se siano le nostre azioni e il modo in cui usiamo i nostri sentimenti a renderci tali. L’uomo, ci racconta Wilde, alla fine può ritrovare la propria umanità anche dopo avervi rinunciato in maniera avventata, ma può farlo solo a prezzo di enormi sofferenze e sacrificando quanto di più caro ha al mondo: la promessa di un amore immortale, un sentimento eterno che tuttavia, proprio come tutte le cose eterne, sono al di fuori della portata dell’uomo e possono essere conquistate solo a costo della propria integrità spirituale.
mamma mia che tristezza
io di Wilde invece ho letto Il ritratto di Dorian, sicuramente una lettura più allegra
oggi mi sono visto l’episodio di Streghe^^
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Non so se considererei Il Ritratto di Dorian Gray allegro… io non ricordo di aver fatto le pazze risate leggendolo! Però sì, questo racconto è a tutti gli effetti una tragedia e ti lascia molto con l’amaro in bocca.
Grande! Allora tra poco leggeremo qualcosa a proposito?
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Yes
Intanto ieri ho pubblicato una lista a tema spie^%
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Mamma mia che storia, io ricordo che da piccola mi traumatizzo, assieme al Figlio delle Stelle. Wilde con questi racconti ha dato sia il meglio che il peggio di sè
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Il Figlio delle Stelle non me lo ricordo, probabilmente non era nella raccolta che avevo io; però sì, i traumi che altre storie come L’Usignolo e la Rosa o Il Principe Felice mi hanno regalato sono stati importanti, mi hanno insegnato fin da piccolo che la vita è sofferenza e poi si muore.
Scherzi a parte, non sono chiaramente delle letture da sottoporre a dei bambini non accompagnati, ma come valore letterario siamo su altissimi livelli, secondo me.
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Mamma mia pure Il Principe Felice era un bel mattone di tristezza
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Che ricordi! La lessi tantissimi anni fa e, anche se non ricordo molto bene alcune dinamiche, ricordo perfettamente le sensazioni che mi lasciò. Certamente un’opera fuori dai canoni e interessante per come capovolgeva certe tematiche. Devo rileggerlo assolutamente. Ottimo articolo!
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E’ un racconto che ogni tanto andrebbe riletto, come tutto quello che ha scritto Oscar Wilde (ad averne il tempo…). Non è una storia che ti fa stare bene, ma contiene moltissime idee davvero profonde e ti dà uno scorcio sulla sua mente tormentata.
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