Ritorno in grande stile, finalmente, parlando di un caposaldo della storia del cinema che tanto ha fatto discutere negli ultimi mesi. L’affaire Via Col Vento è scoppiato nel momento in cui avevo deciso di mettere in pausa il blog, per cui non ho avuto la possibilità di esprimere la mia opinione in merito (che senz’altro, però, ho fatto sentire qua e là nei commenti); adesso ormai l’argomento è freddo, ma ho deciso di cogliere l’occasione offerta dalla morte di Olivia De Havilland avvenuta domenica per riesumarlo e, nel frattempo, chiacchierare di un film ormai diventato leggenda. In casa mia, Via Col Vento è un argomento piuttosto comune di cui parlare, stranamente, perché un paio di anni fa mia sorella dovette guardarlo come compito per le vacanze natalizie (non ho idea di cosa centrasse con qualsiasi cosa si possa studiare in seconda superiore, ma vabbè); fece capricci inenarrabili, ma quando finalmente lo vide ne rimase folgorata e credo sia a tutt’oggi uno dei suoi film preferiti.
La storia, come se ce ne fosse bisogno. Ambientato nel profondo sud degli Stati Uniti negli anni immediatamente precedenti, e poi successivi, alla Guerra Civile, Via Col Vento ha per protagonista la bellissima Rossella O’Hara, figlia di ricchi proprietari terrieri. Consapevole della sua avvenenza e della sua ricchezza, Rossella fa il bello e il cattivo tempo con i vari pretendenti che sognano la sua mano, ma segretamente è innamorata del giovane Ashley, il quale però, a sua volta, si sposa con Melania allo scoppio della guerra. Proprio la guerra però avrà modo di mettere alla prova il carattere dei personaggi e i rapporti che li legano, mischiando le carte in tavola e facendo capire a Rossella cosa sia davvero importante; il che non significa, comunque, che la renda una persona migliore.
Via Col Vento è un film di altri tempi in tutti i sensi possibili dell’espressione. È forse il paradigma del kolossal, insieme a Ben-Hur, un’opera in cui sono stati profusi uomini e mezzi senza badare a spese per dare vita a un’epica moderna che celebrasse la fine di un mondo attraverso le vicissitudini della sua eroina, vero e proprio simbolo di quel Sud pieno di difetti, violento e cinico ma non per questo meno affascinante e suggestivo. Questo fa sì che il punto di vista sia inevitabilmente quello sudista, al punto da considerare con indulgenza anche le più controverse pratiche di questa regione, come la schiavitù; è inevitabile, oggi, storcere il naso di fronte ad alcune scene o affermazioni dei personaggi, e per questo credo che non si debba approcciare Via Col Vento con la nostra mentalità 2020 quanto trattarlo per quello che è: un period piece, una testimonianza di un mondo che, fortunatamente, non esiste più.
Questo è stato, secondo me, alla base del fraintendimento che ha visto al centro il film nelle scorse settimane. All’improvviso, nella collettiva follia che si è scatenata in giro per il mondo, Via Col Vento è apparso controverso, pericoloso perfino, per il modo impenitente con cui tratta (o, meglio, non tratta) il tema della schiavitù; oggi non sarebbe pensabile realizzare un film simile senza introdurre da qualche parte una voce progressista che si schieri contro la segregazione razziale e lo sfruttamento della manodopera servile. Eppure Via Col Vento non lo fa, e ha perfettamente senso che sia così: tutti i protagonisti sono persone bianche benestanti del sud, grandi proprietari terrieri, e noi vediamo il mondo attraverso i loro occhi, uno sguardo certamente sgradevole ma che non può (e non deve) essere diverso. Il problema non è Via Col Vento, il problema è chi il film lo guarda: non riuscire a capire che la schiavitù è sbagliata senza che il film ce lo dica esplicitamente è qualcosa che non ha a che fare con l’analfabetismo visuale o l’ignoranza, quanto con l’essere semplicemente dei deprecabili esseri umani.
Via Col Vento non affronta il tema della schiavitù per un motivo semplicissimo: non è quello il suo argomento. L’attenzione è interamente puntata su Rossella, protagonista assoluta che diventa, come già detto, il simbolo di un Sud che perde qualsiasi punto di riferimento ed è costretto a ricostruirsi una fortuna sulle macerie di una vecchia vita. Rossella è senza dubbio un personaggio atipico, come era raro vederne negli anni Trenta: è un’antieroina, è una donna cinica, manipolatrice, che non esita a ingannare e truffare, mentire e sfruttare le persone per il suo vantaggio personale. Rossella non si fa scrupoli per ottenere quello che desidera, raggiungendo livelli di bassezza rari di cui lei stessa è perfettamente consapevole, come quando ammette candidamente di sposare Rhett unicamente per i suoi soldi.
Un personaggio negativo, quindi, ma che proprio per questo appare ancora più straordinario: Via Col Vento è una grandiosa storia di emancipazione, la cui protagonista, da ragazzina viziata e civettuola, diventa una donna solida e ambiziosa, capace di porsi degli obiettivi spesso grandiosi e di raggiungerli senza chiedere il permesso a nessuno. Dopo la guerra, Rossella ricostruisce Tara lavorando duramente, protegge la famiglia e si prende cura del padre, sfidando allo stesso tempo le convenzioni sociali che la vorrebbero, in quanto donna e per di più vedova, in un ruolo più subalterno, il tutto per tenere fede al giuramento fatto a sé stessa di non dover mai più soffrire la fame, costi quel che costi. Rossella è un esempio di tenacia e di resilienza, impossibile da abbattere e spezzare, come dimostra anche la sua celeberrima ultima battuta che chiude il film; un personaggio femminile sicuramente in anticipo sui tempi che ha trovato la sua fortuna anche grazie a un azzeccatissimo casting. Vivien Leigh dona a Rossella un’ottima caratterizzazione, dandole sia la frivolezza della gioventù nella prima parte che lo sguardo fiero e selvaggio della donna pronta a tutto nel secondo tempo – oltre ad essere stata di una bellezza straordinaria, ovviamente.
Parlavo prima della profusione di uomini e mezzi che deve essere stata necessaria per portare in vita il film, un impegno che si vede e che regala dei risultati eccezionali. Via Col Vento è un film sontuoso, opulento quasi nell’eleganza in cui è immerso, un’eleganza visiva che riesce a tradursi anche attraverso il raffinato doppiaggio italiano (purtroppo non l’ho mai visto in inglese, ancora). Le scenografie sono titaniche, dalle ricche magioni di Tara e delle Dodici Querce in cui il film inizia fino alle maestose sequenze della distruzione di Atlanta, per le quali furono bruciati molti set riciclati da altri film precedenti per ricostruire adeguatamente le proporzioni della tragedia; i costumi sono elegantissimi, con il guardaroba di Rossella che svetta tra i più eleganti mai visti, la recitazione ha quel tocco di divismo che riesce ad apparire intenso senza scadere nel ridicolo involontario; tutto, insomma, è testimonianza di un modo di fare cinema che non esiste più, quando appariva ancora in grado di dare vita a storie veramente immortali capaci di parlarci ancora a ottant’anni di distanza.
A metà tra il dramma sentimentale e il racconto storico, tra la tragedia e l’epica, Via Col Vento esce quasi dalla categoria del cinema per entrare in quello della leggenda. Con le sue quasi quattro ore di durata recupera l’ampio respiro dell’epopea in quella che è probabilmente la più compiuta rappresentazione di questo genere al cinema, regalandoci del personaggi straordinari anche, e soprattutto, nei loro difetti, nei loro piccoli tradimenti e nei loro egoismi, ma anche in quegli eroismi che sono la manifestazione più pura del sogno americano per cui, attraverso il duro lavoro, qualsiasi traguardo è possibile. Un sogno per la prima volta realizzato da una donna, una self-made woman che dimostra di saper reggere sulle sue spalle il peso delle responsabilità e dello stigma sociale meglio di molti uomini, e che rappresenta l’eredità più preziosa di questo film ancora oggi straordinario.
Non ho seguito tanto la polemica, quindi la mia sarà più una considerazione generale che non riguardante il caso di “Via col vento” nello specifico. L’idea di mettere un disclaimer in prodotti culturali che contengono elementi ormai inaccettabili a me non dispiace. Sui film sono poco ferrata, ma nei libri divenuti classici della cultura è prassi inserire un’introduzione che ne esalti i messaggi tutt’ora attuali. Perché non sottolineare anche scelte che oggi sarebbero impensabili, dato che il contesto socio-culturale è cambiato? Secondo me, aiuterebbe a contestualizzare meglio un’opera e a far capire a chi vorrebbe fruire di quell’opera se è il caso di farlo (a me è capitato di essere infastidita dal sessismo di “Guerra e pace”. Razionalmente lo so che non ci avrei trovato le suffragette, ma a volte sono così stanca di certe idee che ritrovarmele anche in un momento di relax come quello della lettura è davvero sfiancante); inoltre, di questi tempi ribadire l’ovvio – o quello che dovrebbe essere l’ovvio – male non fa.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Intanto scusa per il ritardo della risposta, sono stato in giro tutto oggi (tra l’altro combinando ben poco di quanto dovessi fare, ma è un’altra storia).
Non hai torto. Però, secondo me, un conto è un’introduzione che commenti aspetti positivi e negativi della storia, che nel caso di un film potrebbe assumere la forma di un documentario e per il quale sarei totalmente favorevole, un altro è un avviso che ti dica che la schiavitù è una brutta cosa. Mi sembra superfluo; dovrebbe essere qualcosa che chiunque con un minimo di umanità dovrebbe aver interiorizzato, a prescindere dalla sua istruzione e conoscenza che ha dell’epoca storica o del linguaggio cinematografico. Poi magari sono io che continuo a nutrirmi dell’illusione di vivere in un mondo solidale e in cui si riesce a distinguere il bene dal male almeno su queste questioni così basilari come la libertà individuale.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Secondo me, dovrebbe essere qualcosa come “questo film contiene degli elementi invecchiati molto male e che oggi potrebbero urtare la sensibilità di chi guarda”, aggiungendo magari qualche breve dato storico (dopotutto, a inizio film, non è che si possa inserire un saggio). È un modo per riconoscere che la società è cambiata, ma che quel cambiamento non è ancora finito, visto che il razzismo è ancora tra noi e ancora danneggia le persone (e visto che lasciamo affogare la gente nel Mediterraneo nell’indifferenza generale, non sono molto ottimista riguardo allo standard minimo di umanità che abbiamo raggiunto).
"Mi piace""Mi piace"
Bellissima recensione!
Io non l’ho mai visto, ad esclusione di qualche spezzone per il mio esame di cinema però mi è venuta voglia di recuperarlo.
Ho anche il libro ma devo ancora leggerlo.
Comunque che strano che lo abbiano dato da vedere a tua sorella come compito scolastico! Ma almeno ha avuto occasione di abbattere i pregiudizi nei confronti del film e appassionarsene.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ma infatti non ho idea di come rientrasse nei programmi delle materie; doveva guardare quello, Balla coi lupi e Cuori ribelli. Boh, so solo che se questi compiti li avessi avuti io al posto delle versioni sarei stato molto più felice!
Grazie per i complimenti! Ti consiglio davvero di recuperarlo, a prima vista può intimorire ma si guarda abbastanza facilmente nonostante la durata; al massimo te lo puoi vivere come miniserie in due puntate. Oltretutto dovrebbe anche essere su Netflix, se non sbaglio.
"Mi piace""Mi piace"