Halloweek 1: More silent horror films

Risale a due anni fa, alla prima serie di articoli dedicati a Halloween, la prima selezione di film horror provenienti dagli albori del cinema, quell’epoca del cinema muto troppo spesso trascurato e dimenticato. Proprio per recuperare alcuni di questi tesori ho deciso di iniziare la celebrazione della festa più macabra dell’anno con una seconda puntata, in cui ti parlerò di altri film provenienti da questi anni in cui la cinematografia muoveva i suoi primi passi, ma non aveva già nulla da invidiare al nostro cinema contemporaneo.

In realtà horror è un’etichetta che si applica solo in parte ai film in questione, dal momento che allora non esisteva ancora una rigida codificazione dei generi e le storie di fantasmi, mostri e folli e sinistri personaggi erano archiviate sotto la macrocategoria di “cinema fantastico”. Una difficoltà di classificazione destinata a durare a lungo, se pensiamo che ancora il Dracula di Tod Browning, del 1931, era definito, nella sua stessa locandina, come una storia d’amore attraverso la tagline “The story of the strangest passion the world has ever known“.

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Comunque, di seguito ti parlo di altri cinque film horror dell’era del muto, completamente diversi tra loro per argomento e tono, così da arricchire ulteriormente questa piccola antologia di capolavori semidimenticati e da rispolverare. Fammi sapere nei commenti se conosci qualche titolo che dovrei assolutamente recuperare, e ovviamente cosa ne pensi di quelli che ho selezionato.

La Maison Ensorcelée, di Segundo de Chomòn (1907)

Cominciamo proprio da un suggerimento che mi era arrivato sotto il primo post dedicato agli horror muti; Vincenzo, del blog L’Ultimo Spettacolo, me lo aveva consigliato presentandomi il regista come il Méliès spagnolo, e aveva ragione dal momento che de Chomòn condivide con il prestigiatore francese il gusto per gli esperimenti surreali e gli effetti speciali in grado di portare in vita il fantastico, il misterioso e, perché no, l’orrido.

La storia è molto semplice. Tre viandanti, per ripararsi da una tempesta, cercano rifugio in una casa che si rivela immediatamente infestata. È l’occasione, per Chomòn, di scaldarsi i muscoli e dimostrare tutto quello che sa fare, con rocamboleschi trucchi ed effetti speciali veramente straordinari per l’epoca in cui La Maison Ensorcelée è stato realizzato. La regia è apparentemente molto elementare, con un’unica inquadratura fissa, frontale rispetto alla scena che si svolge come su un palcoscenico, ma, come tutto il resto, è solo un’illusione: si tratta, in realtà, solo della preparazione dell’ambiente ideale per il regista per iniziare a mettere in scena le sue rocambolesche invenzioni. Gli oggetti si spostano, appaiono e scompaiono, creature soprannaturali e spiriti irrompono nella stanza per terrorizzare gli ospiti, e una minacciosa strega fa di tanto in tanto la sua apparizione attraverso la finestra per osservare ciò che accade all’interno.

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Tra tutto, spicca la lenta oscillazione della casa su sé stessa con il movimento del letto ad accompagnare il movimento dell’abitazione, e la lunga scena in stop motion in cui un fantasma invisibile prepara la colazione: si tratta di un momento eccezionale, in cui l’animazione delle tazze, del cibo e, soprattutto, del tovagliolo e del coltello da cucina riesce a stupire ancora oggi per la fluidità dei movimenti e la loro credibilità.

La Maison Ensorcelée è veramente un piccolo capolavoro, è divertente e riesce a contenere, in soli sei minuti, una quantità di trucchi e sorprese davvero incredibile. Credo che guarderò ancora molto di questo autore che non conoscevo, mi domando perché sia ingiustamente poco famoso.

Genuine, di Robert Wiene (1920)

Horror, nel periodo storico di cui ci stiamo occupando, fa rima con espressionismo, la corrente d’avanguardia artistica tedesca dai toni lugubri e destabilizzanti. Avevamo già parlato di Robert Wiene nella selezione precedente a proposito de Il Gabinetto del Dottor Caligari, probabilmente il suo film più celebre; Genuine è dello stesso anno, e riprende le medesime caratteristiche formali che avevano già reso celebre il suo regista.

Genuine è decisamente più intricato del suo predecessore, con un grande intreccio di personaggi chiamati a interagire nel corso della storia. La protagonista è Genuine, una donna dalla conturbante bellezza che ha preso vita uscendo dal quadro nel quale era stata dipinta. Fuggita dallo studio del pittore, Genuine finisce nuovamente prigioniera nel lussuoso palazzo di Lord Melo; ma non è semplice tenere incatenata una donna simile, e Genuine scopre molto presto il potere della seduzione sugli uomini, che spinge a uccidere per lei.

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Oltre a essere abbastanza intricato, Genuine è anche un film di non sempre facile lettura: spesso ti richiede uno sforzo di immaginazione per comprendere ciò che sta avvenendo, un problema che forse qualche didascalia in più avrebbero evitato. Visivamente, però, è un altro capolavoro dell’assurdo e dell’immaginifico, con queste scenografie bizzarre piene di dettagli sinistri, come l’orologio montato al posto della testa di uno scheletro. Sono momenti assolutamente surreali in cui la normale logica cede il posto a una logica onirica, come viene confermato nel finale: se ne Il Gabinetto del Dottor Caligari tutto il film era stato il racconto di un folle al manicomio, in Genuine si è trattato interamente del sogno del pittore, in una nuova dialettica tra reale e immaginario, tra concreto e allucinazione, una contrapposizione ancora una volta marcata dalla differenza estetica delle scenografie (realistiche nella cornice narrativa e tipicamente espressioniste nel corpo del racconto).

The Haunted House, di Buster Keaton ed Edward Cline (1921)

Un’altro film molto divertente che sfrutta il topos delle case infestate per costruire una brillante commedia piena di momenti surreali e bizzarri, guidata con sapienza dal suo protagonista assoluto, un Buster Keaton candido e innocente ma, allo stesso tempo, ricco di risorse e spirito d’iniziativa.

Keaton interpreta un impiegato bancario che, per una serie di circostanze, si ritrova accusato della rapina che, al contrario, aveva appena contribuito a sventare. Per un caso fortuito, fuggendo dalla polizia, trova rifugio in una casa infestata; in realtà, però, si tratta di una diceria diffusa proprio dai rapinatori per tenere la gente alla larga dalla villa, loro nascondiglio segreto. Seguono gag.

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The Haunted House è un film che pecca forse di ingenuità, soprattutto agli occhi di uno spettatore di oggi, ma conserva ancora intatto un esilarante gusto per l’assurdo e il nonsense, con una logica spesso irrazionale a sorreggere gran parte delle trovate comiche o narrative. Il protagonista sembra sempre spaesato, fuori posto, perennemente sorpreso da situazioni che non vanno mai come previsto, e dimostra un notevole talento atletico nelle numerose acrobazie in cui si esibisce. Ci sono piccoli momenti davvero pregevoli, come quando apre la serratura della banca con un cavatappi o appende il bastone al muro per usarlo come appendi cappello, piccole scene in cui oggetti e situazioni quotidiani si ribaltano apparire completamente diversi da ciò che ci aspetteremmo, come la grande scala della villa, che diventa uno scivolo appena qualcuno vi sale sopra, una gag ricorrente recuperata anche nel momento in cui il protagonista immagina di salire in paradiso.

Questo film è propriamente una commedia, ma te lo consiglio non solo perché tratta comunque di case infestate, ma soprattutto perché è un piccolo film divertente che sicuramente ha influenzato molte altre storie su fantasmi e ville possedute, soprattutto nell’animazione.

Il Carretto Fantasma, di Victor Sjöström (1921)

Stesso anno, ma tono e atmosfere decisamente diversi. Ci troviamo di fronte qui a una autentica ghost story, tratta da una spettrale leggenda scandinava ma adattata con i toni di un melodramma per arricchire un canovaccio altrimenti abbastanza scarno. Sjöström, anche attore nel ruolo del protagonista David Holm, sfrutta in pieno le potenzialità già notevoli del mezzo cinematografico, creando immagini di grande impatto e una storia altrettanto suggestiva.

È la notte di capodanno, e mentre in una casa la giovane Edit si trova in punto di morte, in un cimitero il senzatetto David Holm racconta ai suoi compagni una spaventosa leggenda: esiste un carrettiere fantasma che vaga per la terra facendo le veci della Morte e raccoglie le anime dei defunti; non solo, l’ultima anima raccolta il 31 Dicembre è per tradizione condannata a prendere il suo posto sul carretto per tutto l’anno a venire. Quando David viene informato che Edit ha chiesto di vederlo come ultimo desiderio, David rifiuta scatenando l’ira dei suoi compagni, che lo uccidono. Appena il suo spettro abbandona il corpo, ecco apparire il carretto fantasma con una sorpresa: il suo conducente è una sua vecchia conoscenza, e l’artefice delle sue sfortune. Inizia così per David una lunga notte di rimorso e pentimento.

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Il Carretto Fantasma ricorda vagamente Il Canto di Natale per la sua storia di redenzione che passa attraverso l’incontro di una spettrale figura legata al passato del protagonista. In questo caso, Georges, carrettista della Morte, espia il suo senso di colpa per aver condotto David su una via di eccessi che lo ha portato ad abbandonare la moglie, le figlie e il fratello, incarcerato per un omicidio, e aiuta l’amico non solo a salvare la sua vita e la sua anima, ma anche quella della sua famiglia, in totale disperazione in seguito al suo abbandono. Si tratta di un film dalla morale molto evidente e imprevedibile, viste le premesse, ma che presentano Il Carretto Fantasma come una piccola fiaba edificante sull’importanza dell’onestà e di una condotta irreprensibile.

Ma sono le immagini e gli effetti speciali a stupire di più, e in questo caso sono davvero superbi, soprattutto quando si tratta di mettere in scena i fantasmi e l’apparizione dello spettrale carretto. L’atmosfera è sempre sospesa e inquietante, con questi paesaggi morenti in cui il carretto si muove dondolando e guidato da una figura incappucciata e armata di falce, un immaginario forse datato ma ancora di sicuro impatto. I fantasmi poi sono realizzati con una tecnica a sovrimpressioni ottimamente gestita, capace di rendere possibili non solo le apparizioni degli spiriti, ma anche le loro trasparenze rispetto all’ambiente circostante. Veramente un risultato eccezionale per un film che potrebbe rientrare anche tra i classici natalizi.

Il Gabinetto delle Figure di Cera, di Paul Leni (1924)

Altro giro, altro capolavoro espressionista. Questa volta l’immersione in un mondo evocativo e magico avviene fin dall’inizio, con l’ambientazione della cornice narrativa in un luna park, luogo che da sempre offre grandi soddisfazioni nelle storie del mistero. Un poeta assume l’incarico di scrivere le storie da abbinare a tre figure di cera, il califfo Harun al Raschid, Ivan il Terribile e Jack il Saltatore; questi sono i protagonisti dei tre segmenti da cui il film è formato.

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Il Gabinetto delle Figure di Cera è un film coloratissimo, dalle tinte brillanti ma, allo stesso tempo, violente. Le tre storie sono molto diverse per argomento e tono, passando dal fiabesco e dai toni semicomici di Harun al Raschid alla tragedia della follia in cui scivola il sadico Ivan, per poi concludersi con il carattere visionario e spettrale di Jack il Saltatore; va detto, però, che quest’ultimo è quasi un’appendice al film, essendo molto più breve dei primi due episodi. In entrambe le storie principali si assiste a vicende di potenti portati sull’orlo della rovina dai propri volgari desideri, in particolare la brama di possedere una bellissima donna e l’abitudine di avvelenare i prigionieri per assecondare il proprio piacere personale. Harun e Ivan sono due personaggi completamente diversi, quasi agli antipodi: se il primo è caratterizzato da una grande vena comica che lo rende quasi una macchietta, il secondo è un malvagio e un folle che gode fisicamente nel veder morire le sue vittime e scivola sempre di più nella pazzia nel momento in cui crede di essere stato avvelenato.

Lo stile, conseguentemente, cambia radicalmente da una storia all’altra, con un tono fiabesco nel primo e uno più solenne, sia nelle scenografie distorte che nella colonna sonora, per il secondo. Resta a sé il terzo episodio, caratterizzato da uno stile fantasmagorico ricco di sovrimpressioni grazie alle quali sembra aprirsi in continuazione su sé stesso, mentre il temibile Jack dà la caccia ai protagonisti tra le atmosfere da incubo che lo pervadono.

8 pensieri riguardo “Halloweek 1: More silent horror films

    1. The Haunted House mi ha stupito moltissimo perchè non mi aspettavo di trovarlo davvero così divertente, invece ho proprio riso di gusto! Si vede che esiste un livello base nel linguaggio che non invecchia mai e riesce a funzionare ancora oggi, nonostante le ingenuità della storia.
      Fammi sapere cosa ne pensi degli altri, quando li avrai visti!

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