The Witch

New England, XVII secolo. Il predicatore William e la sua famiglia vengono allontanati dal villaggio in cui abitano e cominciano una nuova vita in una capanna ai margini di un bosco. La scomparsa del figlio neonato Samuel ad opera di una presunta strega dà il via ad una catena di risentimento e odio che mette i membri della famiglia l’uno contro l’altro, fino all’autodistruzione.

Vincitore del Directing award al Sundance Film Festival del 2015 e universalmente acclamato dalla critica, The Witch è una sensazionale opera prima che fonde storia, folklore e superstizione per dare vita ad un complesso dramma famigliare e umano. L’elemento soprannaturale del titolo appare solo raramente durante il film, e sempre in un’atmosfera onirica, ma basta la paura scatenata dall’idea della sua esistenza per distruggere la vita dei protagonisti, vittime di una spirale di sospetto e violenza.

Evitando i luoghi comuni tipici del cinema horror a tema stregonesco, e spogliando il personaggio della strega da tutte le sovrastrutture contemporanee per riportarla all’essenza delle sue origini, il regista Robert Eggers, qui anche sceneggiatore, usa la strega semplicemente come pretesto per mettere a nudo i meccanismi della paura e dell’ignoranza e l’effetto che questi possono avere all’interno di una comunità, per quanto ristretta come può essere quella di un nucleo famigliare. Un solo elemento estraneo e spaventoso, universalmente riconosciuto come portatore di malvagità e sventura, è sufficiente per spezzare i fragilissimi equilibri dei personaggi, esemplificando in maniera eccezionale il clima in cui vivevano le comunità coloniche del 600. Isolati dal resto del mondo, dipendenti da una natura ancora selvaggia, privi delle più basilari conoscenze scientifiche: una dura vita di privazioni, in cui una religiosità ancora legata alle superstizioni del medioevo era l’unica fonte autorevole cui rivolgersi e la valvola di sfogo nei momenti di crisi, inventando un colpevole su cui riversare la responsabilità delle disgrazie.

La struttura storica del film emerge molto chiaramente dall’ottima sceneggiatura, capace di dare voce alle paure e alle ansie degli uomini del seicento attraverso i protagonisti, ognuno perfettamente caratterizzato e con un preciso ruolo simbolico da interpretare. Il padre, William, è l’autorità, benevola e responsabile dell’incolumità fisica e spirituale delle altre persone, mentre la moglie, Katherine, fragile di mente e di spirito, è la prima a credere all’esistenza della strega e alla necessità di ucciderla. Thomasin, la protagonista, è l’innocente vittima delle paure e delle calunnie, accusata di stregoneria sulla base di semplici sospetti o affermazioni fatte con leggerezza; il fratello Caleb è l’uomo che non prende posizione, cerca di adeguarsi alla vita della comunità, vive e lascia vivere, mentre i gemelli sono la voce della massa, incapace di distinguere la verità dalla menzogna e pronti a riferire qualsiasi voce o chiacchiera senza riflettere.

Un contenuto molto denso, che tuttavia si dipana con sorprendente fluidità seguendo il progredire naturale della storia, raccontata con maestria e consapevolezza. La lentezza della trama è funzionale alla costruzione sia della tensione, sempre crescente, che dell’atmosfera, capace di avviluppare lo spettatore fino a diverse ore dalla conclusione del film. Un atmosfera che si basa su inquadrature molto lunghe e statiche, in cui le immagini assumono talvolta le sembianze di quadri grazie ad una fotografia stupefacente che si preoccupa più di sottolineare lo stato d’animo dei protagonisti piuttosto che ricalcare uno stile naturalistico: la luce calda degli interni avvolge gli attori e i loro volti, disegnando luci e ombre attorno e sopra di loro, mentre i colori freddi degli esterni danno vita ad immagini dure, inospitali quanto la valle in cui la famiglia vive.

A coronare l’atmosfera del film è il suo carattere di irrealtà, costantemente in bilico tra la realtà e l’allucinazione, tra il reale e l’onirico; le apparizioni della strega sono sempre accompagnate da un’aura di sogno (o di incubo), così come le misteriose apparizioni che tormentano Thomasin e la madre, quest’ultima sull’orlo della follia e protagonista di una delle scene allucinatorie di maggior impatto di tutto il film. Anche l’intera sequenza finale presenta questa ambiguità di fondo, per cui l’unione di Thomasin con il diavolo e il sabba nel bosco potrebbero sia essere reali che un prodotto della sua fantasia provata da quest’esperienza terrificante.

Inquietante, sinistro, superbamente scritto e diretto, The Witch porta nuova linfa al genere horror, sempre alla ricerca di novità, e segna il debutto di una nuova voce nel panorama cinematografico da cui sembra lecito potersi aspettare grandi cose in futuro.

Un pensiero riguardo “The Witch

Lascia un commento