Disenchantment – Stagione 1

Si era creato un hype mostruoso intorno a questa serie; il nome di Matt Groening d’altronde è decisamente una garanzia di successo, vista la carriera trentennale de I Simpson e il grande successo di Futurama, in cui l’autore ha potuto dimostrare un’inventiva e una fantasia ben superiore rispetto a quella messa a disposizione della gialla famiglia di Springfield. Le premesse facevano altrettanto ben sperare: dopo aver decostruito la fantascienza, Groening avrebbe fatto la stessa cosa con il fantasy storico ambientato nel medioevo, e già si pregustavano le trovate e le gag che avrebbe potuto mettere in scena. Poi è arrivato il trailer, e, lo ammetto, la mia eccitazione si è molto raffreddata. Bean mi sembrava molto – troppo – simile ai precedenti protagonisti di Matt Groening, e le premesse stesse della serie non poi così interessanti o originali dopotutto. Infine, il 17 Agosto, ha debuttato la serie, e ho confermato la mia impressione: Disenchantment è una serie fiacca e, nonostante il ridotto numero di episodi e la velocità del montaggio, lenta e talvolta noiosa.

Ci troviamo nel mondo fantastico di Dreamland. Il re Zog ha pianificato il matrimonio della figlia Tiabeanie “Bean” con il rampollo di un regno alleato, ma la ragazza non ha intenzione di piegarsi. Più interessata a bere birra in osteria e seminare il caos per il regno, Bean cerca in tutti i modi di mandare a monte il matrimonio, aiutata dall’amico Elfo, un elfo ingenuo e candido a cui succedono le peggio cose, e da Luci, il suo demone personale. I tre porteranno lo scompiglio nel regno, mentre oscure trame prendono forma conducendoci verso il cliffhanger che chiude la stagione.

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Sarò onesto: a me Disenchantmen non è piaciuto. L’ho trovata una serie poco ispirata e spesso noiosa, incapace di decidere cosa voglia essere. Alterna momenti di comicità imbarazzanti ad altri d’azione molto meglio gestiti, ma che non sono esattamente la classica materia di una sit-com, per quanto atipiche siano le commedie di Groening. Dal momento, però, che l’anima di Disenchantment è principalmente comica, il risultato è decisamente un fallimento. La serie non fa ridere quasi mai, sia per colpa delle battute che, soprattutto, per i tempi comici completamente sbagliati; sembra il prodotto di una tragica collaborazione tra chi una commedia non la sa scrivere e chi non la sa recitare. L’unico episodio che ho trovato genuinamente divertente è stato il quinto, dove finalmente riemerge il cinismo che abbiamo imparato ad amare nelle serie precedenti di Groening insieme a una rilettura geniale della fiaba di Hansel e Gretel; un exploit, se vogliamo, dal momento che già l’episodio successivo torna allo standard precedente.

I personaggi non sono interessanti, o peggio, sono già stati visti talmente tante volte che hanno già esaurito in partenza quello che avevano da dire. Questo è il problema principale di Bean, la protagonista. Bean è un pastiche decisamente male assortito di influenze e luoghi comuni, in cui si può ritrovare più o meno di tutto. Da un lato ricalca fedelmente il tipico protagonista di una serie di Groening: come Homer e Fry, Bean è un’alcolista cinica e apatica, che sogna una vita soddisfacente senza avere la minima voglia di costruirselo e dando di questo la colpa al padre; dall’altro lato, si inserisce nello stereotipo della principessa che vuole decidere del suo destino senza sottomettersi al volere degli altri – principalmente uomini. Nato come idea sovversiva capace di ribaltare decenni di narrativa, questo nuovo ideale di principessa ha finito molto presto per diventare un nuovo stereotipo, al punto da risultare, ormai, già piuttosto stantio se non adeguatamente circostanziato, cosa che in Disenchantment non avviene. Bean non ha talenti o abilità particolari, non sa fare nulla e ben poco impara nel corso della stagione; è una persona media, proprio come Homer e Fry, mal al contrario loro punta decisamente in alto senza avere il talento o la costanza per avere successo. Il risultato è un personaggio spesso frustrante e, per quanto mi riguarda, antipatico.

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La costruzione del mondo manca dell’inventiva che Groening ha dimostrato di avere in Futurama, ambientando la serie in un passato generico e scarsamente reinventato; anche laddove si sia tentato di farlo, l’operazione si è adagiata su soluzioni già collaudate e quindi comode, apparentemente di successo assicurato ma che potrebbero, al contrario, suscitare un fastidioso deja-vu. L’ambientazione non è assolutamente sfruttata al meglio, e le gag incentrate sulla decostruzione del medioevo decisamente poco ispirate: è come se la lente deformante della satira di Groening qui fosse drammaticamente appannata, e riuscisse a illuminare in modo mediocre solo piccole parti del mondo.

Ottima, al contrario, l’animazione e tutto il comparto tecnico. I disegni sono molto curati e iperdettagliati, con una stesura del colore decisamente atipica rispetto alle serie precedenti: invece delle brillanti tonalità de I Simpson e Futurama si è scelto in questo caso una tinta più delicata, quasi pastello, talvolta, forse intesa a dare la sensazione delle illustrazioni di un libro di fiabe. L’animazione è fluida e molto ben realizzata, soprattutto nelle frequenti scene d’azione, supportate da una regia abbastanza capace che fa del suo meglio per bilanciare le diverse anime di questa serie così schizofrenica.

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La stagione si salva sul finale, ma non certo grazie alla comicità, anzi. Diversamente da I Simpson e Futurama, Disenchantment ha una trama orizzontale, che negli ultimi episodi prende le redini del comando e guida la storia con una mano molto ferma. Si tratta del momento migliore dell’intera stagione, in cui finalmente si segue una direzione chiara e anche la scrittura si fa più energica e diretta, costruendo momenti davvero interessanti, per quanto non proprio innovativi. Si potrebbe auspicare che la seconda stagione già annunciata seguisse questo modello anziché la stantia comicità dell’inizio, spostando il registro verso un tono più epico e drammatico che sembrerebbe essere più confacente tanto alla serie quanto al team di sceneggiatori che vi lavorano.

7 pensieri riguardo “Disenchantment – Stagione 1

  1. Serie deludente, e ne ho sentito parlare tutti più o meno allo stesso modo, dicendo sostanzialmente quanto hai espresso tu e trovandomi infine d’accordo una volta completata la visione. Sono arrivato fino alla fine solo per la trama, che effettivamente nelle ultime puntate decolla decisamente, ed è il motivo per cui darò una chance alla seconda stagione, ma se non verrà sfruttata meglio l’ambientazione (che ha potenzialità enormi, sia per le gag che per la scrittura di personaggi interessanti) rimarrà soltanto un prodotto mediocre da dare in pasto a noi poveri scemi attirati dal nome di Groening.

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    1. Idem, darò una possibilità alla seconda stagione ma senza perderci troppo tempo, temo. Mi è sembrata molto stanca, come se Groening non avesse in realtà nulla da dire e l’avesse fatta così, solo perché gliel’hanno chiesta. Peccato, perché, giustamente, le potenzialità erano enormi.

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