Secondo appuntamento con alcuni dei peggiori film che l’animazione Disney ha saputo regalarci all’inizio degli anni Duemila, quando qualità e quantità non andavano esattamente di pari passo e le videoteche straboccavano di brutti film che si fregiavano, immeritatamente, del logo a forma di topo. In realtà tra una puntata e l’altra dedicata ai cheapquels, i sequel a basso costo dei Classici Disney ufficiali, avrei voluto far uscire l’articolo su Encanto, ma c’è stato un problema: non ho mai avuto voglia di rivederlo una seconda volta, motivo per cui ho procrastinato così tanto da finire l’anno. Pazienza, farò fioretto di riguardarlo l’anno prossimo, quantomeno per soddisfare il mio OCD che vuole tutto completo e in linea. Di seguito una carrellata di altri cinque cheapquels, validi come consiglio di visione in questi giorni sonnacchiosi tra Natale e Capodanno; perché, alla fin fine, cosa c’è di meglio di mettersi con la pancia piena a guardare dei mediocri film d’animazione?
Peter Pan in Ritorno all’Isola Che Non C’è
Partiamo in grande stile con un film che non mancherà di far infuriare qualsiasi fan del film originale e, soprattutto, dell’opera di Barrie, con il quale non c’entra nulla. Sono passati gli anni e Wendy è cresciuta senza però perdere mai la fede in Peter Pan e il suo spirito giocoso e infantile, che ha cercato di trasmettere anche alla figlia Jane. Quando però scoppia la Seconda Guerra Mondiale e il padre è costretto a partire per il fronte Jane trova sempre più difficile credere nelle storie della madre e disconosce Peter Pan; questo, almeno, finché Uncino non si presenta nella sua camera da letto per rapirla e portarla sull’Isola Che Non C’è.

Peter Pan in Ritorno all’Isola Che Non C’è ha un po’ tutti i difetti di questi sequel: è un film estremamente derivativo, privo di un’identità sua e assolutamente privo di ispirazione: quasi tutto quello che succede è una rivisitazione di situazioni del primo film (dalla gelosia, questa volta del tutto ingiustificata, di Trilli ai giochi dei Bambini Sperduti, dall’esplorazione dell’Isola alla lotta dei pirati) con solo alcuni dettagli modificati solo per fingere di trovarsi di fronte a un’idea nuova, come la piovra che prende il posto del coccodrillo. Tutti i personaggi hanno caratterizzazioni enormemente semplificate rispetto al film originale, e in particolare Peter, che da antieroe incarnazione dello spirito dell’infanzia, con tutte le luci e le ombre del caso, diventa semplicemente un bambino un po’ dispettoso ma, tutto sommato, di buon cuore e generoso. Oltre al protagonista anche la sua nemesi, Uncino, subisce una sorte drammatica: tratto comune di questi sequel è quello di sentirsi sempre in dovere di umiliare e mettere in ridicolo il villain di turno, caratterizzato come un buffone e coinvolto in gag grottesche e infantili. E’ doloroso, quasi, vedere come hanno ridotto Uncino in Ritorno all’Isola Che Non C’è, un personaggio che era già comico nel Classico originale ma che qui è trattato alla stregua di un clown, un personaggio a cui far fare le facce buffe e prendere un sacco di botte in testa come un personaggio dei Looney Tunes.
Un film ridicolo, quindi, goffo e dalla trama generica; un film che, quel che è peggio, non si riesce nemmeno bene a capire cosa coglia dire. Il punto di Ritorno all’Isola Che Non C’è sembra quello di difendere e incoraggiare la fantasia e l’innocenza a ogni costo, un messaggio perfettamente in linea con la politica Disney ma che sembra cieco e sordo al contesto in cui la storia è ambientata: un evento drammatico e traumatico come la Seconda Guerra Mondiale spinge inevitabilmente bambini e ragazzi a crescere velocemente e abbandonare giochi e fantasticherie in favore della propria sopravvivenza, per cui mi sembra miope dover spingere nuovamente Jane dentro un’infanzia che, nonostante il dato anagrafico, si è già lasciata alle spalle. Se il punto del primo film era trovare un equilibrio tra infanzia e maturità e riuscire a crescere senza perdere, però, l’immaginazione, la fantasia e la capacità di meravigliarsi di fronte alle cose, il punto del sequel è che se sei un bambino devi credere nelle favole, nella magia e devi mantenere intatta la tua innocenza anche quando, visto il tuo contesto, è logico che non sia così. Un messaggio semplicistico e banale, perfettamente coerente con il film che lo racconta.
Cenerentola II
Passiamo a qualcosa di decisamente più leggero, sebbene non per questo di maggiore qualità. Cenerentola II è, ovviamente, il seguito del film del 1950, e per l’occasione si è scelta la via del film a episodi: dentro alla cornice dei topi che desiderano scrivere un libro da regalare a Cenerentola si raccontano le avventure della principessa appena giunta a palazzo dopo il matrimonio, dalle sue difficoltà a conformarsi alle regole del castello al sentimento di abbandono che provano i suoi amici, dal difficile rapporto con i membri dello staff a un affetto inedito che inizia a legarla alla sorellastra Anastasia, sfuggita al controllo di Lady Tremaine.

Intanto, una domanda: in che senso i topi devono farsi leggere dalla fata la fiaba di Cenerentola? Perché non ho capito bene il senso di pendere dalle labbra di qualcuno che racconta una storia che hanno vissuto. A parte questo dettaglio, Cenerentola II è un film tedioso, che non vuole finire mai: dura un’oretta ma sembra andare avanti per sempre! Inizialmente pensavo che fosse il residuato di una serie tv abortita, come accaduto con Il Mondo Incantato di Belle, ma poi ho scoperto che il film nasce esattamente così come lo vediamo, per cui non ha nemmeno la giustificazione di aver dovuto ricucire il tutto in fretta e furia! Nonostante alcuni spunti potenzialmente interessanti (il primo episodio, incentrato sulle difficoltà che Cenerentola incontra al castello, avrebbe potuto essere l’occasione per parlare di abuso domestico), Cenerentola II è un film superficiale e frivolo, privo di alcun tipo di gravitas e di cui, di conseguenza, non te ne frega niente: se la posta in palio è pari a zero, zero è anche l’investimento che fai in una storia. Non c’è nessun vero conflitto, solo situazioni già ampiamente viste sviluppate meglio altrove che si ripropongono con stolida insistenza e animazioni piatte; un piccolo film mediocre e dimenticabile che non ci prova nemmeno a raggiungere le altezze del Classico originale.
Il Gobbo di Notre Dame II
Arriviamo al peggiore della selezione, un film che non ha alcuna ragione di esistere se non quella puramente economica di dover vendere la videocassetta. la trama di Il Gobbo di Notre Dame II la conosci già, perché la puoi già prevedere con assoluta certezza e dal minuto 5:00 sai già come finirà: mentre si avvicinano le celebrazioni di quello che sembra San Valentino Quasimodo è triste perché solo, senza una compagna. Nello stesso momento arriva a Parigi un circo di ladri il cui capo intende rubare la più preziosa campana della cattedrale; per fare questo incarica Madeleine, al suo servizio, di sedurre il campanaro per scoprire come e quando portare via la campana.
Il Gobbo di Notre Dame II è un insulto al Classico – e al lavoro di Visto Hugo, naturalmente: Il Gobbo di Notre Dame non è un film perfetto, secondo me, però ha il pregio di essere il Classico più maturo mai uscito dalla Disney, un film sontuoso sia nelle animazioni che nella colonna sonora che ha avuto il coraggio di affrontare direttamente, senza timore, concetti come il razzismo, la pulizia etnica, la repressione emotiva, il desiderio sessuale e quelle due o tre questioni da nulla come la natura del peccato e il concetto di salvezza o dannazione eterna. Ecco, Il Gobbo di Notre Dame II non fa nulla di tutto questo perché è un’insipida storiella romantica composta con il generatore automatico di clichés che, nel sui maciullare la pazienza e la tolleranza dello spettatore, annienta anche tutto quello che era stato costruito nel film precedente: Febo, ad esempio, diventa improvvisamente intollerante e diffidente nei confronti di ambulanti e giostrai (dopo aver difeso, salvato e sposato una di loro), mentre Quasimodo, all’improvviso, ha bisogno di una fidanzata quando il punto del suo personaggio non è mai stato questo! Quello che è peggio, dopo aver impiegato tutto il film originale per insegnare come i pregiudizi e gli stereotipi siano sbagliati adesso mi metti in scena una combriccola di ambulanti ladri e rapitori, adottando il più becero luogo comune che esista.

Anche tecnicamente ci troviamo di fronte a una Caporetto. La magnifica colonna sonora del primo film qui è sostituita da canzonette imbarazzanti, mentre la qualità del disegno è quella di un album da colorare per bambini: le forme sono estremamente semplici e i colori sempre piatti, privi di sfumature come i personaggi. A questo si aggiunge il solito umorismo da quattro soldi tipico dei cheapquels, con un villain ridicolo trattato come un buffone per annullare qualsiasi senso di minaccia possa anche solo vagamente suscitare: sia mai che si possa provare paura di fronte a un cartone animato! E’ evidente che ci si trovi di fronte al primo passo verso l’annullamento di questa categoria di personaggi, prima castrati spietatamente e poi direttamente eliminati.
La Carica dei 101 II – Macchia, un Eroe a Londra
Arrivavo a vedere questo film esausto, incredibilmente provato nel corpo e dello spirito dai tre precedenti, ma vuoi la verità? A me è piaciuto! Ovvio, non è nulla di nemmeno lontanamente paragonabile a La Carica dei 101 ed è, anzi, inferiore a quasi tutti i Classici ufficiali (lo dico: è meglio di Chicken Little! Dio, quanto odio Chicken Little!), però è un film carinissimo con una trama solida, una comicità sopra le righe ma sensata e un’identità sua che non lo renda solvano “il secondo episodio di…”. Ci troviamo alla viglia del trasloco della famiglia in campagna, e Macchia, uno dei cuccioli di Pongo e Peggy, soffre di essere solo uno tra i tanti cani dell’allevamento, privo di una vera individualità; per affermare la sua indipendenza decide di andare a Londra per incontrare Fulmine, il suo eroe televisivo, senza sapere che 1) Fulmine è, come prevedibile, tutto fumo e niente arrosto, 2) Crudelia, altrettanto prevedibilmente, è di nuovo sulle tracce dei dalmata per soddisfare la sua mania.
Quello che colpisce maggiormente, iniziando a vedere La Carica dei 101 II, è come sia stato recuperato lo stile grafico dell’originale soprattutto nella realizzazione dei fondali: come nel primo film, i fondali sono realizzato con uno stile modernista e quasi astratto, dove le forme e i colori non sempre coincidono dando un’impressione di voluta approssimazione, di elegante rozzezza, quasi. Ne nel Classico questo tratto si ritrovava anche nei personaggi, non così però avviene in questo caso dal momento che i protagonisti umani e canini godono dell’aspetto curato e patinato che la colorazione digitale è in grado di donare loro; è quindi un curioso mix artistico quello che ci regala la Carica dei 101 II, al tempo stesso grezzo e raffinato, antico e moderno, un Clash visivo che si sposa a fatica ma che, in qualche modo, non è spiacevole da vedere.

Come non è spiacevole da seguire la storia, tutt’altro. La Carica dei 101 II è un film frizzante e vivace, con molte linee narrative che si intrecciano e un umorismo di grana grossa, certo, ma che riesce a costruire anche dei momenti genuinamente divertenti come l’incontro tra Crudelia e Lars, artista fallito che dipinge solo macchie nere su sfondo bianco. Anche stavolta, comunque, non ci si salva dalla necessità di dover mettere in ridicolo i propri villain, e a una Crudelia trattata come la caricatura di sé stessa fa seguito Orazio che agisce in drag in un’umiliazione non necessaria e, purtroppo, patetica. Al netto di questo difetto La Carica dei 101 II è un piccolo film simpatico che fa il suo onesto lavoro e si pone (va detto, senza svilupparlo come si deve) il problema dell’alienazione all’interno della massa e il desidero di imporre la propria individualità anche quando – e soprattutto quando – ci sentiamo solo parte di un gruppo.
Il Libro della Giungla 2
Chiudiamo con un altro piccolo disastro, il sequel del Classico del 1967: se già quel film c’entrava poco con il libro di Kipling in questo caso ho idea che nemmeno ci abbiano provato, ma non mi aspettavo nulla di diverso. Mowgli abita nel villaggio degli uomini, ma è triste perché non riesce ad adattarsi allo stile di vita e alle regole delle persone. Un giorno, approfittando della confusione, scappa nella giungla dove viene accolto a braccia aperte da Baloo, che non chiedeva altro se non ricominciare a bighellonare con il suo amico bambino. Mowgli, però, è all’oscuro di due cose: Shanti, la bambina che ha seguito nel villaggio e presso cui vive, lo ha seguito nella giungla, e Shere Kan, la tigre mangiatrice di uomini, e di nuovo sulle sue tracce in cerca di vendetta.

Il Libro della Giungla 2 non sembra nemmeno un film, ma l’episodio di una serie tv per quanto vuoto e inconcludente appare: non ha una trama, si limita a seguire dei personaggi che fanno cose (principalmente vagano per la giungla) finché si incontrano e finisce il film. Non c’è atmosfera, non c’è senso di urgenza, non c’è nemmeno divertimento visto che, per quanto ci provino, nulla di quello che viene mostrato fa ridere. C’è anche veramente poco da dire, perché, come ho già detto, è un film vuoto; e di un film vuoto si può parlare solo fino a un certo punto. Si rivisitano tutti i luoghi del Classico originale, si incontrano di nuovo tutti i personaggi più importanti del Classico originale, alla fin fine si segue anche la trama del Classico originale, visto che il punto di arrivo è lo stesso, solo in modo estremamente più caotico e meno interessante. Come per la maggior parte dei cheapquels, il mio consiglio è quello di lasciare perdere e riguardarti Il Libro della Giungla, piuttosto, per un’ora e mezza di buona animazione e una storia ben raccontata.
Buona lista. I sequel direct-to-video sono stati quasi sempre una delusione. Aggiungerei anche La Sirenetta 3 allo scempio (Ritorno agli abissi non era male), o Pocahontas 2. Ma, anche se so che molte persone mi accuseranno di bestemmia, ho apprezzato più Il Re Leone 2 rispetto al film originale, che non è mai stato capace di prendermi.
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E’ una piccola eresia ma te la perdono, soprattutto perché Il Re Leone 2, nella media dei sequel, è forse uno dei migliori. Per me, però, il Classico originale è un capolavoro.
Sto andando in ordine cronologico (disturbo ossessivo compulsivo: check!) per cui La Sirenetta 3, che tra l’altro non ho ancora mai visto, sarà l’ultimo di cui parlerò; Pocahontas 2 invece l’ho già insultato l’anno scorso!
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Riconosco la validità del Re Leone, lo vidi al cinema quando uscì e merita tutto l’apprezzamento che gli viene dato, ma solo Il Libro della Giungla è riuscito ad annoiarmi di più (così come il libro originale da cui è tratto).
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Io non amo nemmeno i film Disney, non ho visto nemmeno mezzo sequel 😂 forse solo quello de “la sirenetta”
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Non ti sei perso niente, sono veramente una perdita di tempo!
Nessun film Disney? Nemmeno uno che ti piaccia?
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Se gli altri, tra alti e bassi, li considero degli speciali più che dei seguiti veri e propri, il Gobbo di Notre Dame 2 per me non esiste proprio. Dei seguiti visti è per me il peggiore in assoluto.
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E’ veramente un insulto: io non lo avevo mai visto prima, lo conoscevo solo di fama (pessima) e adesso vorrei lavarmi gli occhi con la candeggina per cercare di rimuoverlo dalla mia mente. Spero con il tempo di riuscirci.
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Dopo qualche anno, a me è rimasta solo la sensazione di fastidio, il film non lo ricordo se non per sommi capi, ma io ho una memoria molto labile. Tra Clopin (io ho sempre avuto un debole per Clopin… Tutte le mie amiche avevano il principe preferito, io in camera avevo la maschera di Clopin), Febo che all’improvviso sembra quello del romanzo, Quasimodo che è una macchietta e la tizia che si redime perché sì… Finito il 2 ricordo che vidi almeno tre volte a fila il primo.
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1. ma Uncino non era crepato malissimo?
2. fun fact: una parte dei Racconti della giungla vede veramente Mowgli vivere tra gli uomini ed è grazie alle sue mansioni là che uccide Shere Khan, spiaccicandolo in una gola tra due mandrie in corse opposte di bovini
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1. Il destino di Uncino era lasciato ambiguo: tutti abbiamo dato per scontato che venisse mangiato dal coccodrillo, come è nel romanzo, ma effettivamente non lo vediamo accadere per cui può essersi salvato.
2. Non lo sapevo! Allora avrei preferito che si ispirassero a quello e magari alla fine uccidesse Shere Khan invece di questa porcheria. Sarebbe anche stato bello avere un villain umano, per non fare un copia-incolla del primo.
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Sempre detto che hanno stuprato il film
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Libro*
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https://austindoveblog.wordpress.com/2019/06/16/perche-libro-della-giungla-sbagliato/
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