Marathon Day: Le Follie dell’Imperatore (2000)

Con l’esperienza di Dinosauri, il nuovo corso della produzione Disney poteva finalmente dirsi avviato, e lo Studio si preparava a sgranchirsi i muscoli per dimostrare cosa era in grado di fare. Tenendo fede al proposito di andare laddove la produzione disneyana non era mai giunta prima, il film successivo sarebbe stato qualcosa di completamente diverso non solo da quello che lo aveva preceduto, ma anche dal resto della filmografia Disney, destinato a restare un unicuum ancora oggi. Le Follie dell’Imperatore uscì sempre nel 2000, a pochi mesi di distanza da Dinosauri, e rese chiaro due cose: da un lato l’estremo eclettismo di questa nuova fase artistica, capace di passare in un attimo dal naturalistico alla caricatura, dal kolossal alla comico, e dall’altro la decisione di far rientrare i film in un genere ben preciso, superando definitivamente la formula del Rinascimento che si basava su un sapiente mix di generi, miscelando in dosi perfettamente calibrate dramma, commedia e, ovviamente, musical. Le Follie dell’Imperatore è quindi in tutto e per tutto una commedia, una sfrenata buddy comedy dai dissacranti toni slapstick molto lontana dalla tipica poetica disneyana, ma che proprio per questo in breve tempo è diventata un autentico cult tra i fan.

Le follie dell'imperatore | Un groove imperdibile | Pills of Movies

Eppure inizialmente il film doveva essere molto diverso. Le prime stesure di quello che sarebbe diventato Le Follie dell’Imperatore, scritte in pieno Rinascimento, raccontavano una storia decisamente più cupa e avventurosa, ovviamente in stile musical, debitrice de Il Principe e il Povero di Mark Twain. Nella versione iniziale, il giovane imperatore Manco incontra casualmente un contadino adolescente esattamente identico a lui, scambiando la propria identità con la sua per sfuggire ai noiosi obblighi di corte. La malvagia Yzma, però, scopre l’inganno e, dopo aver trasformato l’imperatore in un lama, ricatta il povero con la minaccia di rivelare a tutti la sua identità per farsi aiutare a evocare il dio della morte Supay e distruggere il Sole, con lo scopo di restare per sempre giovane e bella. Molto poco di questa versione arrivò nel prodotto finito, frutto di infinite riscritture e disavventure produttive, testimoniate nel documentario The Sweatbox; vediamole anche noi.

Empire of the Sun.

Facciamo un salto indietro nel tempo fino al 1994. La Disney sta festeggiando il successo inatteso ma travolgente de Il Re Leone, e, sull’onda dell’entusiasmo, il regista del film Roger Allers inizia a delineare il suo progetto successivo insieme al collega Matthew Jacobs. L’idea di un’epica musicale dai tratti magici e romantici ingolosisce immediatamente Michael Eisner, l’allora CEO della compagnia, che nota immediatamente il potenziale della pellicola sottolineando come avesse tutti gli ingredienti per rientrare a pieno titolo tra i Classici del Rinascimento; grazie al successo de Il Re Leone, poi, Allers ottiene praticamente carta bianca per il successo del film, subito approvato. Tutto sembra partire sotto le migliori prospettive, ma un inizio così roseo era desinato a venire bilanciato da una lavorazione quantomeno difficoltosa.

Le prime fasi della lavorazione del film, in questa fase intitolato Empire of the Sun, procedono spedite: il film, una storia originale nonostante le chiare ispirazioni letterarie, è scritto e la fase di animazione procede senza particolari intoppi. Al team si aggiunge molto presto anche Sting, contattato da Allers per scrivere le canzoni del film con la segreta speranza di replicare il fortunato sodalizio avvenuto con Elton John su Il Re Leone. Il cantante inglese accetta con entusiasmo, iniziando a lavorare a una serie di canzoni legate in modo indissolubile alla trama, come consuetudine negli anni Novanta, mentre sua moglie, Trudie Styler, si aggira nello Studio con la sua videocamera per documentare il processo creativo, imbastendo quello che sarebbe poi diventato il già citato The Sweatbox.

The Emperor's New Groove - Plugged In

Come abbiamo visto, però, la seconda parte del Rinascimento Disney ha vissuto alterne fortune e successi non in grado di soddisfare completamente la dirigenza, e a farne le spese sono i progetti in fase di sviluppo, tra cui Empire of the Sun. In seguito alla tiepida accoglienza riservata a Pocahontas e Il Gobbo di Notre-Dame, la produzione decide che Empire of the Sun è un film eccessivamente cupo e che va alleggerito con una massiccia dose di commedia; curiosamente, di lì a poco, la dirigenza si preoccuperà di star realizzando un film dai toni comici eccessivamente simile a Hercules, ma abbiamo già visto quanto potessero essere incontentabili e, a tratti, con le idee confuse verso la fine degli anni Novanta. Le continue riscritture e rimaneggiamenti fanno inevitabilmente ritardare la realizzazione del film, fino a rendere evidente che Empire of the Sun non sarebbe mai stato pronto per l’estate del 2000, data fissata per la sua distribuzione. I produttori iniziano a sudare freddo mentre dalla dirigenza arrivano appelli sempre più imperativi a terminare un film che naviga ancora in alto mare. Ed è qui che accade l’inevitabile disastro: durante una trattativa, Allers chiede una proroga dei tempi, che gli viene rifiutata, e in tutta risposta abbandona la direzione del film; siamo alla fine del 1998, e la produzione di Empire of the Sun si ferma, con un capitale di 25 milioni già investiti e un buon 25% di animazioni già ultimate.

Sconvolti dalla pericolosa direzione che gli eventi stanno prendendo, i direttori impiegano i sei mesi successivi per ripensare completamente il film, rendendo Le Follie dell’Imperatore il primo film a necessitare di una revisione completa dai tempi di Pinocchio. È in questa fase di crisalide che avvengono tutti i cambiamenti che porteranno Empire of the Sun a diventare Le Follie dell’Imperatore: il primo passo è fatto da Chris Williams, autore degli storyboard, il quale suggerisce di rendere il pastore Pacha un uomo di mezza età invece di un adolescente. La storia fu reimmaginata completamente, perdendo i suoi toni epici e universali ma diventando una frizzante commedia ispirata allo stile di Chuck Jones e più vicina allo stile della Warner Bros. e dei Looney Tunes piuttosto che a quello disneyano; sempre i questa fase guadagniamo uno dei personaggi più amati del film, il braccio destro di Yzma Kronk. Quasi come da contrappasso, però, la produzione perse la collaborazione di Sting: già messo a repentaglio dal conflitto di impegni dovuta al trascinarsi della lavorazione, il sodalizio lavorativo con il cantante si ruppe completamente nel momento in cui le canzoni vennero quasi completamente tagliate dal film lasciando sul campo uno Sting più furioso e amareggiato che mai, solo in parte mitigato dalla promessa di includere i suoi brani nell’album della colonna sonora. L’unica canzone rimasta del film è “Perfect World”, che apre la storia presentandoci Kuzco e il mondo sul quale gli è concesso fare il bello e il cattivo tempo, nella versione originale cantata da Tom Jones.

16 Things You Never Knew About The Emperor's New Groove

Come già accennato, con Le Follie dell’Imperatore si interrompe definitivamente la tendenza della Disney a miscelare i generi per dare vita a storie universali e ricchissime di contenuti diversi configurandosi, invece, in tutto e per tutto come un film di genere. Si tratta infatti di una riuscitissima commedia dai toni assolutamente ispirati, capace di reggere per l’intera durata del lungometraggio senza mai cadute di ritmo. Gli sceneggiatori recuperano la lunghissima tradizione del cinema comico per condensarla qui in una sorta di compendio della comicità, utilizzando tutte le tecniche a loro disposizione, dalla comicità verbale a quella fisica, dal nonsense alla parodia e alla caricatura, per non parlare dello slapstick. Le battute e le gag si susseguono a una velocità folle per tutto l’arco del film, garantendo risate a non finire ma senza mai mettere in secondo piano la dolorosa evoluzione di Kuzco, vero cuore del film; è su questo fragile equilibrio che si gioca la formula del film, qui perfettamente azzeccata e destinata a essere copiata, con alterne fortune, anche dagli Studi d’animazione concorrenti negli anni successivi, facendo de Le Follie dell’Imperatore un film apripista per la stagione animata d’inizio millennio.

“Oh, certo, il veleno! Il veleno per Kuzco! Il veleno scelto appositamente per uccidere Kuzco! Kuzco e il suo veleno! … Quel veleno?”

Come per la trama e il tono, anche il lato artistico de Le Follie dell’Imperatore ha subito una profonda trasformazione nel corso del tempo. Le bozze di Empire of the Sun e i test d’animazione preliminari, che si trovano facilmente su youtube, presentavano uno stile che, sebbene già in parte diretto verso quella che sarà poi la soluzione definitiva, mostravano i tratti tipici dell’animazione del Rinascimento: le figure sono affusolate, dai tratti morbidi e pieni di curve, semplificate, ovviamente, ma anatomicamente piuttosto accurate. Al lavoro c’erano alcuni grandi artisti che hanno illuminato gli anni Novanta con la loro arte, come Andreas Deja, padre di alcuni tra i migliori villain del Rinascimento, assegnato, come di consueto, al cattivo della situazione: seguendo la sua caratterizzazione iniziale, le prime bozze di Yzma mostrano una donna di mezza età ma dalla forte carica sensuale, che si muove con fluide e seducenti pose da diva.

La pesante revisione che il film ha dovuto subire ha come conseguenza l’abbandono di alcuni artisti, come lo stesso Deja, che, nell’incertezza generale, preferisce scegliere un progetto apparentemente più sicuro e va ad animare Lilo per Lilo & Stitch; altri disegnatori si vedono invece riassegnare a nuovi personaggi, dal momento che le pesanti riscritture della sceneggiatura avevano cambiato radicalmente anche il cast del film. Ecco allora che Nick Ranieri passa dall’animare Hucua, l’originale spalla di Yzma quando Kronk ancora non esisteva, a lavorare sul protagonista Kuzco, dandogli vita sia in versione umana che animale, con la conseguenza di dover gettare nel cestino un paio d’anni di lavoro, mentre per la villain viene contattato Dale Bear, il quale si trova costretto rivoluzionare completamente il lavoro di Deja per caratterizzare il personaggio in modo completamente diverso facendole perdere la sua natura seducente in favore di una decisamente più folle – ma anche incredibilmente più divertente.

The Emperor's New Groove - Yzma and Kronk to the restaurant HD part 2 –  Видео Dailymotion

Visto il pazzesco ritardo con cui viaggiava la produzione, quando il processo di animazione riprese, ormai verso la fine degli anni Novanta, la parola d’ordine diventa “semplicità“: l’elaborata e talvolta barocca estetica del Rinascimento non è infatti più compatibile con la risicata tabella di marcia che il film deve rispettare, né con la sensibilità della dirigenza, ormai proiettata verso il post-Rinascimento. L’idea alla base dell’animazione de Le Follie dell’Imperatore è quindi di lavorare per sottrazione e fare dell’essenziale il proprio punto di forza per enfatizzare i personaggi invece di ricorrere a un soverchiante uso di effetti visivi e virtuosismi registici, una scelta che si rivela non solo vincente ma addirittura rivoluzionaria. Le Follie dell’Imperatore gioca tutto su immagini stilizzate, sia per i fondali che per i personaggi, con un sapiente uso della caricatura per dare personalità e carisma ai protagonisti. Non c’è più alcuna traccia del fotorealismo ricercato in Pocahontas, Il Gobbo di Notre-Dame o Tarzan; le figure umane hanno proporzioni del tutto arbitrarie, mentre le scenografie, altrettanto essenziali, giocano su architetture maestose ma spoglie allo stesso tempo. Eppure tutto questo minimalismo riesce ad apparire comunque affascinante grazie alla vivacità dei colori, ricchi di tinte sature e raramente così brillanti, e a un’animazione di ottimo livello in grado di conferire a ogni personaggio un’invidiabile presenza scenica e replicare, per immagini, la stessa vena di folle comicità che caratterizza la sceneggiatura grazie a una serie di gag visive tutt’ora immortali.

Il ritmo dell’Imperatore.

Le Follie dell’Imperatore uscì nell’inverno del 2000, con un risultato al botteghino davvero ben poco entusiasmante, arrivando a un totale di circa 160 milioni su un budget di 100 milioni; un esito molto inferiore alle aspettative della dirigenza, e decisamente deludente se confrontato con gli sfolgoranti successi degli anni Novanta. La delusione appare ancora maggiore se consideriamo che con Le Follie dell’Imperatore la dirigenza credeva di aver trovato la nuova formula con cui caratterizzare gli anni 2000, un errore di valutazione che avrebbe, nel giro di pochi anni, dato risultati disastrosi in termini di box office. Anche la critica accoglie il film in maniera molto tiepida: sebbene le recensioni siano per lo più positive, il film viene ingiustamente paragonato ai Classici del Rinascimento per sottolineare l’essenzialità dell’animazione e il respiro molto contenuto della vicenda, con alcune critiche rivolte a una comicità considerata eccessivamente sopra le righe e invadente al punto da prendere il sopravvento sulla trama. A dispetto di un’accoglienza così poco calorosa, Le Follie dell’Imperatore ha impegato davvero pochi anni a diventare un autentico cult tra gli estimatori dell’animazione disneyana e non solo, venendo classificato, nel 2018, come il sedicesimo miglior film animato della Disney da IGN.

A Love Letter to The Emperor's New Groove in Two Parts | owl machine

Una Disney che, tuttavia, ha la sua parte di responsabilità nella mediocre performance del film. La folle politica della dirigenza, apparentemente rivolta a privilegiare la quantità piuttosto che la qualità, iniziava a dare i suoi nefasti risultati: ben quattro Classici erano usciti nel giro di due anni, ai quali si devono aggiungere i cheapquel in direct-to-video e altre produzioni minori inspiegabilmente giunte in sala. Il mercato iniziava a essere semplicemente saturo di animazione disneyana, con prodotti che, per lo più, presentavano una qualità mediocre e in mezzo ai quali i Classici ufficiali faticavano ormai a spiccare. Il pubblico, confuso da tutte queste uscite così ravvicinate e così diseguali tra loro, comincia così una progressiva disaffezione al marchio Disney, che prima di risorgere negli anni Dieci avrebbe dovuto attraversare un nuovo periodo particolarmente cupo e difficile.

Marathon Day

14 pensieri riguardo “Marathon Day: Le Follie dell’Imperatore (2000)

  1. Interessantissimo! Non sapevo delle disavventure produttive di questo film. Certo che c’è un bel viaggio da Mark Twain al groove incredible dell’imperatore! Lo vidi per caso qualche anno fa e mi stupì davvero per il suo stile unico, non è certamente il solito classico Disney, come hai giustamente scritto.

    E Sting effettivamente non ce lo vedo ad accompagnare un film di questo genere. Peccato non sia stato un successo all’uscita, non sarebbe stato male vedere più film simili a questo come intenzioni! Certo che l’effetto saturazione conta: 4 cosuccia in 2 anni… Agli esordi non riusciamo a farne nemmeno uno in 4 anni! X–D

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    1. Anche io ne sapevo molto poco prima di mettermi a fare ricerca per scrivere il post, e devo dire che, sebbene ami tantissimo questo film, mi ha lasciato un po’ con la curiosità di come avrebbe potuto essere se tutto fosse filato liscio; ma in questo caso non avremmo avuto Kronk, e non sono pronto a un mondo senza Kronk!

      Molti dei film successivi saranno film di genere, ma una commedia come questa non la produrranno mai più. Paradossalmente saranno invece gli altri Studi a seguire le sue orme, con i vari L’Era Glaciale, Madagascar, Shrek eccetera.

      La differenza con la dirigenza delle origini ormai è enorme: all’inizio del Duemila secondo me si inizia a intravedere la logica famelica e imprenditoriale che ha portato la Disney a diventare quello che è oggi. In questo caso la sua ingordigia gli si è rivolta contro, ma bisognerà aspettare l’arrivo della Pixar e John Lasseter per mettere finalmente un po’ d’ordine.

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      1. Kronk! X–D

        Forse è perché è il primo che ho visto, ma questo mi sembra infinitamente superiore a Madagascar (che trovai inguardabile), Shrek (il primo mi fece ridere un paio di volte, il due zero e gli altri li ho ignorati), L’era glaciale (pure quello… mah…)!

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      2. Sì certo, Le Follie dell’Imperatore se li mangia tutti quei film! Oltretutto, quando l’abbiamo visto al cinema è riuscito perfino a far ridere mio padre, che non ama troppo i cartoni animati e ci portava quasi per dovere.

        Madagascar non piace nemmeno a me, mentre L’Era Glaciale dipende dal capitolo: i primi a me sono piaciuti molto, mente gli ultimi sono stati una pena costante. Uguale per Shrek: la prima volta che vidi i primi due mi faceva male la faccia dal ridere, il 3 e il 4 invece quasi per nulla. Tieni conto, però, che ho un senso dell’umorismo molto base, per cui basta davvero un niente per farmi ridere.

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      3. Ma io mica sono sofisticato! Però ricordo che con il groove dell’imperatore ho fatto delle belle risate, mentre con questi altri titoli… diciamo che sulla DreamWorks in quanto a film d’animazione ho messo una pietra sopra da parecchio tempo!

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  2. ciao!
    io adoro questo film, deve essere tra i classici disney che guardo di più assieme a mulan e ogni volta muoio dalle risate xD
    secondo me la disney sta facendo lo stesso errore con la marvel ormai, troppi film messi insieme
    ormai star wars è già segnata 🙂

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    1. Idem, ho consumato il dvd di questo film! A un certo punto ne sapevo dei pezzi lunghissimi a memoria. Ed effettivamente, per quanto lo conosca a memoria, ogni volta riesce a far ridere comunque!

      Secondo me la Marvel è un caso a parte, dal momento che si tratta di un universo separato con una propria trama e delle proprie regole. Non credo sarebbe stato possibile articolare un progetto così ampio facendo uscire un film all’anno. Sono d’accordo sul rischio saturazione, ma in questo caso, per il momento, il pubblico non sembra essersi ancora stancato (nemmeno io mi sono ancora stancato, sebbene abbia delle forti opinioni in merito) per cui, per il momento, credo si andrà avanti così.

      Ecco, invece Star Wars ha fatto la stessa fine dei Classici di cui stiamo parlando: facendone uscire uno all’anno si è perso il senso dell’evento che era un film di SW, e la gente ha perso interesse – da cui il flop di Solo. Sullo schifo che è stata la trilogia sequel non mi esprimo, ma io non me la prendo nemmeno troppo perché non sono un gran fan di Star Wars.

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      1. io di film marvel ne vedo pochi e sono veramente commerciali sempre con la stessa struttura (non stessa trama ma struttura narrativa sì)e con le tipiche scene epiche e stappalacrime (vedi morte di widow)

        io mi sono rifiutato di spendere soldi per l’ultimo star wars

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      2. Guarda, io ho una crociata in corso contro il termine “commerciale”: anche Shakespeare era commerciale quando scriveva, perché con le sue opere ci doveva mangiare, eppure sono dei capolavori. Con questo ovviamente non voglio paragonare la Marvel a Shakespeare, ma facciamo attenzione a usare in modo denigratorio dei termini che non lo sono.

        La struttura narrativa è sempre la stessa perché si basano tutti sulla stessa formula: restando nell’ambito dei Classici, anche i film del Rinascimento hanno tutti la stessa struttura, così come quelli dell’epoca xerografica. Probabilmente cambierà nel momento in cui il pubblico inizierà a rifiutare questo modello.

        L’ultimo SW l’ho visto al cinema sapendo benissimo che erano soldi buttati, ma in modo masochistico ci sono voluto andare lo stesso; mamma mia che spazzatura!

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  3. Le Follie dell’Imperatore mi è sempre piaciuto sin da quando l’ho visto da piccola appena uscito! Capisco che forse il successo non è stato per niente aiutato dal tumulto interno che si è creato per portarlo fino alla fine, la storia della sua evoluzione la sapevo perchè avevo visto il documentario che hai citato… Anche io al posto di Sting ci sarei rimasta non male, di più.

    Rifare un film praticamente pronto per andare in sala è una pazzia, immagino solo la frustrazione di tutti coloro che ci avevano lavorato fino a quel punto.

    La storia originale possiede caratteristiche Disney che forse sarebbe potuta piacere se l’avessero fatto uscire negli anni del Rinascimento, direi prima di Tarzan: ma se devo essere sincera, i cattivi Yzma e Kronk sono indimenticabili e sono contenta che il risultato finale sia il film che abbiamo oggi. Mi sarebbe piaciuto che avessero mantenuto qualche canzone però, come quella cantata da Yzma!

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    1. Anche io sono contentissimo del film che abbiamo avuto, senza contare noi italiani siamo stati graziati con un doppiaggio che, per me, è addirittura superiore all’originale (Anna Marchesini come Yzma si mangia tranquillamente qualsiasi altro doppiatore). In più, come dicevo anche qui sopra, non sono pronto a un mondo senza lei e Kronk! Inoltre gli sono particolarmente affezionato perché è stato l’ultimo che ho visto al cinema con tutta la mia famiglia prima che si interrompesse la tradizione.

      Per quanto riguarda Sting, non l’ho scritto per questione di brevità, ma c’è stata anche la polemica riguardo al finale e la distruzione della foresta amazzonica da parte di Kuzco; insomma, nonostante il suo entusiasmo è stata davvero una collaborazione infelice.

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      1. Sicuramente sì, il doppiaggio è perfetto così come è stato fatto, niente da togliere agli originali 😉

        E mi sa tanto che Sting avrà un ricordo diverso di questo film rispetto a noi… Mannaggia! 😅

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