Marvel Cinematic Universe: Considerazioni

ATTENZIONE: questo post non è una recensione di Avengers: Endgame (quella uscirà domani su L’Ultimo Spettacolo), ma solo una riflessione sul suo ruolo all’interno del Marvel Cinematografic Universe. Per questo motivo, questo post non contiene spoiler, per cui sei liberissimo di leggerlo anche se non hai ancora visto il film.

Era chiaro fin da subito che Avengers: Endgame non sarebbe stato semplicemente un film, e la visione ha confermato questa idea: Avengers: Endgame è soprattutto la celebrazione di un mito, una festa in cui la Marvel chiude un cerchio iniziato molti anni fa e si guarda dentro per capire quanto sia cambiata, e quanto sia cambiato il mondo intorno a essa. Non si tratta comunque di vuota autocelebrazione, né tantomeno di un party privato in cui il pubblico è chiamato a essere mero spettatore; al contrario, noi siamo una parte fondamentale di questa festa, e la partecipazione della sala durante la proiezione, inedita, per me, ha dimostrato quale sia la proporzione dell’affetto che si è instaurato tra noi e i personaggi che si sono avvicendati sullo schermo.

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Le proporzioni del fenomeno Marvel sono diventate enormi, nel corso del tempo, e non credo siano più sottovalutabili o catalogabili semplicemente come una “moda“. Una moda è stata quella scaturita dopo l’uscita de Il Signore degli Anelli, quando il cinema e la letteratura sono tate invase da storie fantasy medievaleggianti non sempre di altissimo livello, un’invasione durata, però, solo qualche anno e poi esauritasi relativamente in fretta. Al contrario, qui ci troviamo di fronte a un fenomeno che, a dieci anni di distanza dalla sua genesi, è ancora vivo e vitale, narrativamente e nei cuori dei fan. È evidente, secondo me, che il genere dei supereroi sia riuscito a scavare molto più a fondo di quanto probabilmente ci si aspettasse, e a parlare alla gente facendo leva su bisogni e desideri che probabilmente nemmeno loro sapevano di avere. Come tutte le cose che hanno un impatto così grande sulla gente, le radici del fenomeno affondano nella preistoria dell’uomo e in quell’età prerazionale dove la scienza era ancora lontana dall’arrivare e il mondo era giustificato attraverso il mito.

L’universo Marvel è una nuova mitologia adattata per il terzo millennio, e i supereroi sono le divinità e gli eroi che compongono questo nuovo pantheon pagano a cui abbiamo iniziato a rivolgere le nostre aspettative. Gli Avengers hanno riproposto, nell’epoca della tecnologia e della fantascienza, quel genere multiforme e dalle potenzialità infinite che è l’epica, intesa come un racconto archetipico che plasma un’identità individuale e, soprattutto, collettiva. Tra le numerose storie che compongono l’universo si ritrovano tutti i topoi della letteratura epica, declinati ovviamente secondo la nuova sensibilità e la nuova poetica della Marvel. Uno degli schemi narrativi più utilizzati, e più immediatamente riconoscibili, ad esempio, è quello del viaggio dell’eroe, riscontrabile in quasi tutte le storie ed emblematico, ad esempio, nel caso di Thor: attraverso una serie di prove iniziatiche compie il suo destino, in questo caso dimostrandosi degno di regnare su Asgard. Altro tema centrale è la ricerca di uno strumento magico, tema narrativo che ha sorretto l’intero universo Marvel con l’arco dedicato alle Gemme dell’Infinito, o l’immancabile poema bellico, riproposto in diverse versioni fin dal primo Avengers e culminato nella spettacolare sequenza finale di Avengers: Endgame.

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Un’epica, però, che ha rifiutato gli eroi perfetti e idealizzati della sua origine letteraria per declinare la loro figura in modo molto più problematico e problematizzato, in linea con un’epoca che non sopporta vedere la perfezione nemmeno in un film fantasy. Non c’è traccia, nel Marvel Cinematografic Universe, degli eroi tutto d’un pezzo che popola l’epica classica, ma ognuno dei protagonisti diventa, con il tempo, un personaggio dalle mille sfaccettature e complesso, dotato di valori e debolezze come ognuno di noi. Sono eroi umani, fin troppo umani, forse, in un tentativo di rendere più vicina a noi la figura dell’eroe che si concretizza nell’umanizzazione e nella problematizzazione anche di figure dagli attributi semidivini, come Thor o, uscendo dall’ambito Marvel, Superman. Una pratica che rischia, però, di apparire potenzialmente controversa: perché dover uccidere qualsiasi figura ideale? Lo facciamo per rendere più verosimile il fantastico, per rendere dei personaggi altrimenti improbabili più vicini a noi, o semplicemente perché non sopportiamo più vedere qualcuno migliore di noi? Perfino Superman, da sempre simbolo di speranza e civiltà, figura ideale di un uomo buono e moralmente integro, ha cambiato drasticamente la sua caratterizzazione: se negli anni Trenta era accettabile vedere un personaggio che fosse così eccezionalmente superiore a noi sotto tutti i punti di vista, negli anni Duemila questa figura è stata ridimensionata, abbiamo dovuto inserire del buio nella sua caratterizzazione, dei dilemmi; abbiamo dovuto trovare dell’oscurità anche in lui. Rischia, in questo modo, di vedere compromessa la funzione dell’eroe, quella di esempio di dirittura morale: invece di prendere i supereroi come modello abbiamo reso loro più simili a noi, in questo modo quasi assolvendoci.

L’Universo della Marvel non è perfetto, intendiamoci; con questo articolo non ho intenzione di incensarlo o di dichiararlo migliore di quello che è. La qualità dei film è talvolta altalenante, con diversi capitoli non proprio riusciti e diverse potenzialità sprecate, difetti che, per quanto mi riguarda, trovano il loro compimento in Thor: Ragnarok, un film sciocco ed eccessivamente gigione che mi ha fatto storcere il naso più volte. In molti momenti avrebbe potuto essere più profondo e approfondito, rinunciando magari alla sua vena comica in favore di un dramma meno diluito. Questo, però, non riesce, secondo me, a mettere in ombra il suo pregio principale, quel sense of wonder che permea tutti i film, la meraviglia di fronte al magico e l’entusiasmo del far parte di un gruppo che è diventata, nel corso del tempo, come una grande famiglia. Il lavoro fatto sui personaggi, poi, è spesso ottimo, con un’attenzione speciale nel continuare a mettere alla prova i caratteri di ognuno per vedere come possono trasformarsi, cambiare, evolvere; è così che nasce quello che è uno dei miei preferiti del franchise, quel Captain America: Civil War che non è solo cazzotti ed esplosioni, ma è anche e soprattutto uno scontro di ideali e personalità costruite in modo tale così che nessuno dei due schieramenti abbia veramente torto. Civil War diventa così un’altro di quei racconti paradigmatici, in cui viene messo in scena cosa succede quando il dialogo giunge a un’impasse senza che nessuna delle due parti abbia intenzione di cedere, mettendoci in guardia contro i pericoli di un fanatismo che finisce per lacerare amicizie, parentele e relazioni, mettendo gli uni contro gli altri in una guerra fratricida e inutile.

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Lungi dall’essere solo intrattenimento per ragazzi, l’universo Marvel ha quindi colmato il bisogno di epica di un pubblico che chiaramente era in attesa soltanto di questo, di trovare una nuova identità in cui identificarsi e a cui fare riferimento, personalità leggendarie e paradigmatiche da prendere come esempio o metro di giudizio per muoversi nella realtà di tutti i giorni. La magia, il fascino eterno della fiaba, come lo chiama Stephen King in It, è ancora una necessità anche in questo mondo disilluso e spesso cupo, introverso e cinico, una necessità che la Marvel ha saputo individuare e a cui ha dato una risposta. Non credo, per questo, che il fenomeno Marvel sia destinato a esaurirsi tanto in fretta: sarà costretto a trasformarsi, ora, e magari potrebbe incontrare la sua fine per motivi narrativi, ma sicuramente non per la saturazione del suo pubblico. Credo anche che resterà un unicum nella storia del cinema, per dimensioni, coerenza e soprattutto per l’impatto sociale che ha avuto nella gente: non ci sarà un altro universo condiviso che riuscirà a eguagliare il suo risultato, né adesso, per quanto la DC si ostini a provarci, né in futuro. Il Marvel Cinematic Universe è senza dubbio il fenomeno cinematografico, ma non solo, più importante e rilevante di questi anni Dieci, e quale che sia il suo futuro credo resterà nella storia. Sicuramente resterà nel cuore di molti, tra cui anche me, e alla fine è questo il risultato che conta davvero per una storia.

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5 pensieri riguardo “Marvel Cinematic Universe: Considerazioni

  1. Sono d’accordo su tutto. In qualche modo hanno ricreato l’epica e l’hanno trasformata per renderlo un prodotto fruibile in larga scala, con personaggi che interessassero la gente dei nostri tempi e che, in qualche modo, ci apparisse a noi vicina.
    Un grandissimo fenomeno cinematografico, indubbio. Penso che difficilmente si ripeteranno simili fenomeni.

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    1. E’ stata una bella scommessa, ma sicuramente ha ripagato, sia sul piano economico che su quello culturale, diciamo. Un fenomeno simile, almeno nell’immediato futuro, non credo lo vedremo.

      Posso chiederti una cosa? Questo articolo l’hai trovato nella sezione lettore o sei venuto nella homepage del mio sito? Perché se io guardo nella sezione lettore non lo riesco a trovare.

      Piace a 1 persona

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