La Bella e la Bestia

Come punizione per la sua cattiveria, un giovane principe viene trasformato da una strega in una orrenda bestia, e tale resterà finché non imparerà ad amare e a farsi riamare a sua volta. A questo penserà Belle, che offertasi come prigioniera nel castello della Bestia al posto del padre scoprirà inaspettatamente di provare dei sentimenti autentici verso colui che inizialmente considerava un mostro, arrivando a spezzare la maledizione e vivere insieme per sempre felici e contenti.

Partiamo da un presupposto imprescindibile: La Bella e la Bestia del 1991 è un film perfetto, nonché uno dei miei preferiti tra i Classici Disney. La sceneggiatura è perfetta, il fluire della storia è perfetto, i personaggi, i numeri musicali, l’animazione, i colori; tutto è di altissima qualità e collabora a portare a termine un’opera tra le più maestose e riuscite dell’animazione Disney.

A questo punto, per approcciarsi al remake di un film simile, secondo me sono percorribili solo due strade: opzione A, ne prendi le distanze, come fece Christophe Gans nel 2014, quando realizzò la sua personale versione della fiaba con Vincent Cassel e Léa Seydoux, oppure opzione B, la ricalchi il più possibile, come ha deciso di fare Bill Condon con questo remake superfluo e insipido.

Quando ero piccolo (sì, sto divagando, ma c’è del metodo), mio padre a volte mi portava a casa i fogli di carta carbone che non usava più in ufficio, e io mi divertivo a ricalcare le illustrazioni dei miei libri preferiti. Sebbene ci mettessi tutta la passione del mondo, la mia mano non era molto precisa, e il risultato era sempre un disegno piuttosto cubista, con delle linee che non si chiudevano e dei pezzi fuori posto; l’impressione che questo film mi ha fatto è esattamente la stessa, cioè il tentativo di ricalcare un’opera molto amata dando vita ad un’imitazione parziale e imperfetta, storta e imprecisa. L’enorme impegno profuso nella sua realizzazione non riesce a compensare il fatto che si tratti di una copia riuscita male, che imita senza provare a inserire nulla di nuovo o di personale; a questo punto preferisco decisamente gli ugualmente imperfetti e malriusciti Cenerentola e Maleficent, che pur con tutti i loro difetti hanno tentato di offrire un punto di vista diverso.

La Bella e la Bestia è un film completamente sbagliato, senza cuore e senza ritmo, dove la magia del film d’animazione non riesce a riaccendersi nonostante l’ottimo cast e le scenografie magnifiche; proprio scenografie, costumi ed effetti speciali sono gli unici elementi che vale la pena salvare in un pasticcio cinematografico che fatica a coinvolgere, e che quando offre qualche emozione queste arrivano dal ricordo delle emozioni del film d’animazione risvegliate da questo remake, piuttosto che provocate dal film stesso.

La trama segue pedissequamente la storia del 1991, con alcuni cambiamenti minori che non modificano la sostanza di quanto viene raccontato; ulteriori inserti originali sul passato dei due protagonisti spiccano per la loro inutilità ai fini del racconto e per la caratterizzazione dei personaggi, che tenta di sopperire con le parole e i dettagli ai limiti dell’interpretazione. Si dice troppo, in questo remake, tutto viene esplicitato e non esiste un livello del sottotesto o del sottinteso: i dialoghi sono molto lunghi ma troppo espositivi, raccontando anche tutto quello che nel film originale veniva trasmesso con uno sguardo, un’azione o una semplice battuta molto più precisa di un’intera pagina di sceneggiatura. Paradossalmente interpretavano e recitavano molto di più i personaggi disegnati venticinque anni fa piuttosto che il cast di questo film.

I protagonisti sono completamente fuori parte, con la sola possibile eccezione di Gaston. Belle, interpretata da Emma Watson, diventa un’eroina altezzosa e arrogante, con un’aria di superiorità perennemente stampata sul volto; non ha nulla della stratificazione del personaggio originale, molto dolce e cortese con tutti ma dalla pazienza estremamente limitata, che non ha paura di tenere testa alla Bestia quando pensa di avere ragione. La Belle di Emma Watson è molto meno complessa, e per questo molto meno interessante, e rischia davvero di risultare antipatica. Lo stesso discorso vale con la Bestia, un personaggio in origine superbo e qui malignamente castrato nei suoi eccessi di rabbia. Non appare mai minaccioso o selvaggio, non fa mai paura , e per questo motivo la sua evoluzione è molto meno evidente e riuscita di quella che subisce nel cartone animato, senza contare che alcuni momenti chiave del suo innamoramento vengono travisati nel film: in questo remake sembra, ad esempio, che la Bestia “compri” l’affetto di Belle regalandole la biblioteca, privandolo di un momento importantissimo della sua evoluzione, quello in cui decide, forse per la prima volta, di fare qualcosa di carino per un’altra persona per il piacere gusto di farlo. L’emozione della Bestia che scopre di aver indovinato il suo primo regalo a Belle qui manca totalmente, perdendo un momento fondamentale e dolcissimo del suo cambiamento.

Complice la piattezza dei protagonisti, i comprimari finiscono inevitabilmente per rubare la scena, focalizzando eccessivamente l’attenzione su di loro. Gli oggetti incantati vantano un livello di dettagli e di animazione sensazionali, ma gli si applicano gli stessi difetti del film: anche loro dicono e spiegano troppo, e invadono eccessivamente la scena anche quando l’attenzione dovrebbe essere focalizzata su uno dei protagonisti. Letont è l’altro comprimario che tanto ha fatto parlare di sé durante la promozione del film a causa della sua esplicita omosessualità: la scena incriminata, se ho ben capito qual è, è molto breve ed è stata accolta dalle risa della platea, soffocando così il flame inutile che si era acceso nei giorni precedenti il debutto del film. La scelta di cambiare l’orientamento del suo personaggio, tuttavia, finisce ancora una volta per semplificare il materiale di partenza, dove Letont era un inetto che vive della popolarità riflessa di Gaston, una spalla che adora il modello di mascolinità incarnato dal suo idolo e che, non potendo imitarlo, gli fa da leccapiedi e servo, godendo in parte della sua popolarità.

La colonna sonora riprende i brani del film originale, ma non riesce a replicarne l’effetto magniloquente e coinvolgente, come risulta evidente fin dall’overture: il brano “Belle” del cartone animato è un pezzo musicale molto lungo e molto complesso, che si compone di canto e recitativo inestricabilmente legati tra di loro in un crescendo continuo ed esponenziale dove tutti i personaggi e le situazioni principali trovano una prima presentazione. Si tratta di un brano molto delicato, che regge la sua lunghezza (più di cinque minuti, un’eternità in un film d’animazione!) grazie ad un ritmo sostenuto e ad una coreografia sempre più complessa e ricca: tutto questo manca nel remake, che ne propone una versione molto più fiacca e continuamente spezzata, con i diversi momenti della canzone interrotti da pause troppo lunghe che uccidono il ritmo della musica; l’assenza del coro, poi, svilisce l’effetto finale della canzone, in cui il popolo del paesino dovrebbe stringersi in un bizzarro elogio di Belle, vista come una ragazza di grandi virtù ma irrimediabilmente strana e bizzarra. Questa benevolenza di fondo adesso è sostituita da un’aperta e immotivata ostilità tra Belle e i suoi concittadini, che complica ulteriormente e senza necessità la storia.

Varrebbe la pena di esaminare questo film scena per scena, dimostrando come l’originale del 1991 gli sia nettamente superiore; ma limitiamoci a dire questo. La Bella e la Bestia targata 2017 è una copia mal riuscita e inutile, priva di ritmo e di cuore e che non aggiunge niente di interessante al film originale. Un’operazione nostalgia priva di significato, destinata a rimanere nell’ombra della sua matrice e finire probabilmente dimenticata laddove La Bella e la Bestia 1991 continuerà a fare scuola e a guadagnare ammiratori nonostante il passare del tempo.

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